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1 Febbraio 2023

Corte costituzionale e abitazione principale – Sentenza n. 209 del 13 ottobre 2022

La Corte costituzionale, con sentenza n. 209 del 13/10/2022, ha revisionato i requisiti sino a quel momento necessari per l’ottenimento dell’esenzione per abitazione principale. Ha posto il focus sull’ incostituzionalità del requisito di residenza anagrafica e di dimora abituale, non solo del soggetto passivo ma, anche, del nucleo familiare. Prima di illustrare quanto deliberato dalla Corte, ricordiamo brevemente cosa si intende per abitazione principale.

Abitazione principale: definizione

Per abitazione principale si intende l’unità immobiliare iscritta in catasto, adibita dal contribuente a dimora abituale e in cui quest’ultimo ha la residenza anagrafica.

Volutamente, viene omessa la restante parte a completamento, con la quale la normativa prevedeva il requisito, appunto, eliminato. Per chiarezza, la frase presente sul testo normativo termina con “e risiede stabilmente con la sua famiglia”. Approfondiremo più avanti i cambiamenti legati a tale aspetto.

Un requisito, rimasto invariato, oltre alla residenza e dimora abituale del soggetto proprietario è che l’immobile in questione non appartenga alle categorie catastali definite di lusso, ovvero, A/1, A/8, A/9.

Contestualmente all’abitazione principale (categoria catastale A/…), vengono esentate anche le relative pertinenze, ovvero gli immobili in categoria C/1 – C/2 e C/6, utilizzati congiuntamente alla casa. Per portare qualche esempio possiamo citare il box e/o la cantina, oltre che eventuali appezzamenti di terreno, graffati catastalmente con l’abitazione principale. Le pertinenze, per un massimo di una per categoria, non sono oggetto di tassazione in quanto collegate all’abitazione principale.

Abitazione principale: requisito della dimora abituale

Dalla nascita dell’Imposta Municipale Propria (IMU) e fino a non molto tempo fa, quando si prendevano in esame i requisiti del soggetto passivo, finalizzati a renderlo idoneo alla fruizione dell’esenzione, si valutava anche la dimora abituale di tutto il nucleo familiare. Come anticipato, dal mese di ottobre 2022, a seguito di una sentenza della Corte costituzionale, tale  requisito è stato eliminato, causa di una inadeguatezza normativa.

Ripercorriamo gli step della questione.

Abitazione principale: sentenza n. 209 della Corte costituzionale

Alla pronuncia della sentenza n. 209 della Corte costituzionale, si è arrivati a seguito di una richiesta pervenuta dalla Commissione Tributaria provinciale di Napoli, la quale, dinnanzi alla Corte, ha invocato l’incostituzionalità della disposizione che esclude per entrambi i coniugi, o i partner dell’unione civile, l’esenzione per l’abitazione principale qualora uno di essi abbia la residenza anagrafica in un immobile ubicato in un altro comune.

La Corte costituzionale si è presa carico della questione, emanando un’ordinanza per mezzo della quale solleva il dubbio derivante dalla previsione della residenza anagrafica e della dimora abituale, non solo con riferimento al possessore dell’immobile, ma anche al suo nucleo familiare, per possibile violazione degli artt. 3, 31 e 53 della Costituzione. L’incostituzionalità potrebbe sorgere dal diverso trattamento previsto nei confronti delle persone singole e delle coppie di fatto, rispetto al nucleo familiare composto da coniugi, poiché, cita testualmente la Corte costituzionale:

“sino a che il rapporto non si stabilizza nel matrimonio o nell’unione civile, la struttura della norma consente a ciascuno dei partner di accedere all’esenzione della loro, rispettiva, abitazione principale”.

La Corte costituzionale si è pronunciata in merito, tramite sentenza n. 209 del 13 ottobre 2022, nella quale avvalora la tesi dell’incostituzionalità, dichiarando l’illegittimità delle disposizioni che hanno disciplinato, sino a quel momento, la fattispecie dell’esenzione IMU sull’abitazione principale ponendo il giudizio sulla parte ove veniva richiesta la residenza anagrafica e la dimora abituale, non solo del soggetto passivo ma, anche, del nucleo familiare.

Testualmente la Corte si pronuncia come segue:

“ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di quelle norme che, in violazione degli artt. 3, 31 e 53 Cost. ,ragionevolmente avevano riservato ai «coniugi conviventi un trattamento fiscale più oneroso rispetto a quello previsto per conviventi non uniti in matrimonio”.

Aggiunge poi una questione molto importante, finalizzata a chiarire ogni dubbio circa la possibilità di assimilare ad abitazione principale la “seconda casa” utilizzata, per esempio, a scopo vacanziero. Testualmente, difatti, precisa che:

“Da ultimo questa Corte, ritiene opportuno  chiarire  che  le dichiarazioni  di  illegittimità  costituzionale  ora  pronunciate valgono a rimuovere i vulnera agli artt. 3, 31 e 53 Cost. imputabili all’attuale  disciplina  dell’esenzione   IMU   con   riguardo   alle abitazioni  principali,  ma  non  determinano,  in  alcun  modo,  una situazione in cui le cosiddette “seconde case” delle coppie unite  in matrimonio o in  unione  civile  ne  possano  usufruire.  Ove  queste abbiano la stessa dimora abituale (e quindi  principale)  l’esenzione spetta una sola volta.”

Dalla pubblicazione di tale sentenza è quindi stato cancellato uno dei requisiti sino a quel momento previsti per la richiesta di esenzione IMU, ovvero la residenza anche del nucleo familiare. Cambiando lo scenario che aleggia attorno ai requisiti per la richiesta dell’esenzione, i comuni si sono (e si troveranno) in situazioni spesso complesse e difficili da districare; sicuramente non di rapida conclusione; soprattutto perché saranno necessarie verifiche puntuali, al fine di evitare che venga data la possibilità di fruire di doppia esenzione IMU a soggetti quali coloro che rientrano nella seconda fattispecie riportata precedentemente (i “furbetti” delle seconde case). Di seguito riporto quanto puntualizzato, nel merito, dalla Corte:

“Da questo punto di vista il venir meno di automatismi, ritenuti incompatibili con i suddetti parametri, responsabilizza i comuni e le altre autorità preposte ad effettuare adeguati controlli al riguardo; controlli che, come si è visto, la legislazione vigente consente in termini senz’altro efficaci.”

Gli enti si troveranno a dover affrontare molteplici situazioni, quali istanze di rimborso e aperture di procedimenti per contestazione su avvisi di accertamento ricevuti, da parte dei contribuenti. Approfondiremo le due casistiche nei successivi paragrafi dedicati ai due argomenti.

Abitazione principale: attività di controllo post sentenza

Nel merito dell’attività di controllo effettuata dagli enti, finalizzata all’acquisizione delle entrate tributarie mancanti, occorre precisare che, se pur vero che la disposizione della Corte ha cancellato, come non fosse mai esistita, la vecchia interpretazione della norma, eliminando in toto il requisito della dimora abituale per l’intero nucleo familiare, è comunque vero che i rapporti esauriti non sono per nessun motivo modificabili. Essi sono immuni anche da pronunce di illegittimità da parte della Corte costituzionale.  Pertanto, gli avvisi di accertamento notificati ai contribuenti e pagati, non sono contestabili e non sono rimborsabili. Di contro, gli avvisi di accertamento che verranno emessi e notificati, saranno contestabili dai contribuenti; si potrà dunque fare ricorso e chiederne l’annullamento. Sarà il comune, chiamato in causa, a dover dimostrare le motivazioni che hanno portato all’emissione dell’accertamento e quindi alla presunzione di non effettiva dimora abituale nell’immobile (da parte di uno dei coniugi). Differentemente, invece, accade nel caso in cui il contribuente avanzi una richiesta di rimborso. In tal caso, è proprio quest’ultimo a dover dimostrare l’abituale dimora nell’immobile oggetto di controversia, portando a conoscenza del comune una serie di documenti volti a dimostrare senza ombra di dubbio quanto affermato.

Di seguito un elenco di documenti che, per entrambe le parti, possono essere un utile strumento di dimostrazione della dimora abituale:

  • le bollette del servizio elettrico nazionale: con attenzione sulla domiciliazione delle stesse, dell’effettiva quantità di consumi e della dicitura “utente residente – utente non residente”; 
  • la documentazione relativa al consumo idrico;
  • la documentazione attestante la domiciliazione anche a fini medici

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