Mutano gli equilibri nel bilancio e, con loro, il trattamento contabile di alcune voci.
Vediamo, ad esempio, come la nuova iscrizione del fondo anticipazione liquidità potrebbe essere causa di un disavanzo per l’ente, disavanzo il cui ripiano è oggetto di particolare attenzione da parte della sezione di controllo della Corte dei conti per la Puglia che, con l’ordinanza n. 39 del 29 aprile 2020, ha sollevato la questione di legittimità costituzionalità di alcuni articoli del Dl 162/2019; articoli che potrebbero essere in netto conflitto con i parametri stabiliti all’interno della Costituzione dagli articoli 81, 97, 119, comma sesto e 136.
Nello specifico viene richiamato:
- il comma 2 dell’articolo 39-ter poiché consente «una rilevante deroga al normale regime di rientro dal disavanzo; e ciò in assenza di circostanze eccezionali, espresse o comunque rinvenibili nell’ordinamento finanziario degli enti locali, che possano giustificare tale divaricazione» così “producendo l’effetto perverso di consentire il trasferimento dell’onere del debito (disavanzo) dalla generazione che ha goduto dei vantaggi della spesa corrente a quelle successive, considerato che il ripiano del disavanzo segue il medesimo ammortamento trentennale dell’anticipazione”;
- il comma 3 dell’articolo 39-ter all’interno del quale si rileva “la mancata previsione legislativa di un vincolo formale fra la progressiva riduzione del FAL e la connessa riduzione (per effetto della riscossione) dei residui attivi”; questa azione può costituire “un potenziale fattore di rischio e di alterazione sugli equilibri di bilancio in violazione degli esposti principi costituzionali”.
Ad alimentare ulteriormente il dibattito su disavanzi e piani di riequilibrio è recentemente arrivata la sentenza n. 115/2020 della Corte costituzionale, depositata il 23 giugno, che dando seguito a quanto rilevato dalla Corte dei conti per la Calabria, ha dichiarato l’incostituzionalità dell’articolo 38, comma 2-ter, del Dl 34/2019.
La sentenza, relatore Aldo Carosi, segue il precedente intervento 18/2019, con cui è dichiarata l’incongruenza di una norma che consentiva il ripiano trentennale del disavanzo riconducibile ai prestiti statali.
La dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 38, comma 2-ter del DL 34/2019 afferma come il nuovo termine per il ripiano, ovvero 20 anni, debba essere oggetto di valutazione da parte del Giudice competente; i 20 anni non devono quindi costituire un orizzonte indefinito entro cui regolarizzare l’esposizione.
L’intento non è quindi quello di cassare “il ricalcolo complessivo del disavanzo già oggetto del piano modificato, nel rispetto della disciplina vigente, ferma restando la disciplina prevista per gli altri disavanzi”, quanto il fatto che “non vi può essere alcuna determinazione unilaterale dell’entità e della durata del piano da parte dell’ente locale, in quanto esso dovrà essere sottoposto a un attento sindacato di natura tecnicogiuridica (ex plurimis, sentenza n. 39 del 2014) da parte della competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti, secondo i canoni dell’art. 243-bis del d.lgs. n. 267 del 2000. Tale sindacato dovrà, tra l’altro, riguardare lo stato di attuazione del vecchio piano di pagamento dei creditori, l’esistenza di eventuali debiti fuori bilancio, la previa procedura di riconoscimento degli stessi, la previa negoziazione con gli ulteriori creditori eventualmente emersi dopo l’approvazione del piano decennale (con la conseguente diacronica struttura del nuovo piano, scaglionato secondo obbligazioni passive nuove e pregresse), la verifica che le anticipazioni di liquidità siano effettivamente servite per il pagamento di debiti maturati negli esercizi anteriori e non siano surrettiziamente computate tra le fonti di copertura della spesa corrente e che sia assicurata l’iscrizione – analiticamente specificata – del rimborso dei prestiti nella parte passiva del bilancio”.
La Corte ha poi avvalorato la propria tesi richiamando il principio per cui il bilancio consuntivo dell’ente deve essere caratterizzato dalla rappresentazione di “un solo risultato di amministrazione, il quale deriva dalla sommatoria delle situazioni giuridiche e contabili degli esercizi precedenti fino a determinare un esito che può essere positivo o negativo. Consentire di avere più disavanzi significa, in pratica, permettere di tenere più bilanci consuntivi in perdita”.
Parleremo diffusamente dell’argomento mercoledì 15 luglio con il Dott. Matteo Barbero e il Dott. Marco Sigaudo in occasione del corso dal titolo La programmazione nel rispetto dei nuovi equilibri di bilancio. Per visionare la locandina: cliccare qui.