“Houston, we have a problem!”
Ebbene sì, il decreto crescita pare abbia arrestato la possibilità di disporre dei fondi derivanti dall’alienazione degli immobili o, per lo meno, per alcuni di essi.
Alcuni di voi sicuramente staranno pensando che già sino ad ora non era possibile usufruire liberamente delle risorse ottenute con la vendita di fabbricati, terreni e così via ma, prima, non era stato posto un vincolo così forte.
Facciamo un breve riepilogo della normativa attinente all’argomento.
Art. 9 c. 5 DL. 85/2010
“Le risorse nette derivanti a ciascuna Regione ed ente locale dalla eventuale alienazione degli immobili del patrimonio disponibile loro attribuito ai sensi del presente decreto nonché’ quelle derivanti dalla eventuale cessione di quote di fondi immobiliari cui i medesimi beni siano stati conferiti sono acquisite dall’ente territoriale per un ammontare pari al settantacinque per cento delle stesse. Le predette risorse sono destinate alla riduzione del debito dell’ente e, solo in assenza del debito o comunque per la parte eventualmente eccedente, a spese di investimento. La residua quota del venticinque per cento è destinata al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, il Ministro per i rapporti con le Regioni ed il Ministro per le riforme per il federalismo, sono definite le modalità di applicazione del presente comma. Ciascuna Regione o ente locale può procedere all’alienazione di immobili attribuiti ai sensi del presente decreto legislativo previa attestazione della congruità del valore del bene da parte dell’Agenzia del demanio o dell’Agenzia del territorio, secondo le rispettive competenze. L’attestazione e’ resa entro il termine di trenta giorni dalla relativa richiesta.”
Con questo decreto si stabilisce come le risorse eventualmente ottenute dall’alienazione di patrimonio originariamente del Demanio, quindi patrimonio immobiliare ora disponibile, debbano essere destinate per una quota pari al 25% al fondo per l’ammortamento dei titoli di stato (poi estinzione indebitamento) e per il restante 75% alla riduzione del debito e, solo in assenza o per l’eventuale parte eccedente, per spese di investimento.
Art. 1 c. 443 L. 228/2012
“In applicazione del secondo periodo del comma 6 dell’articolo 162 del decreto legislativo 18 agosto. 2000, n. 267, i proventi da alienazioni di beni patrimoniali disponibili possono essere destinati esclusivamente alla copertura di spese di investimento ovvero, in assenza di queste o per la parte eccedente, per la riduzione del debito.”
Rilevando come si parli qui di “beni patrimoniali disponibili”, un concetto che sposa quindi differenti tipi di immobilizzazioni, si sottolinea il passaggio fondamentale per cui i proventi derivanti dalla loro alienazione possono essere destinati esclusivamente alla copertura di spese di investimento o, in assenza di queste o per la parte residuale, alla riduzione del debito.
Art. 56 bis c. 11 DL. 69/13
“In considerazione dell’eccezionalità della situazione economica e tenuto conto delle esigenze prioritarie di riduzione del debito pubblico, al fine di contribuire alla stabilizzazione finanziaria e promuovere iniziative volte allo sviluppo economico e alla coesione sociale, è altresì destinato al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, con le modalità di cui al comma 5 dell’articolo 9 del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, il 10 per cento delle risorse nette derivanti dall’alienazione dell’originario patrimonio immobiliare disponibile degli enti territoriali, salvo che una percentuale uguale o maggiore non sia destinata per legge alla riduzione del debito del medesimo ente. Per gli enti territoriali la predetta quota del 10% è destinata prioritariamente all’estinzione anticipata dei mutui e per la restante quota secondo quanto stabilito dal comma 443 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228. Per la parte non destinata al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, resta fermo quanto disposto dal comma 443 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228.”
Emerge qui nuovamente un vincolo posto alla libertà di disporre delle proprie risorse, viene infatti stabilito come i proventi derivanti “dall’alienazione dell’originario patrimonio immobiliare disponibile “devono essere destinati, per una quota corrispondete al 10%, all’estinzione anticipata dei mutui. Si rileva come si faccia espressamente riferimento al patrimonio immobiliare.
Art. 7 c. 5 DL. 78/2015
“Al comma 11 dell’articolo 56-bis del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, dopo il primo periodo è aggiunto il seguente: “Per gli enti territoriali la predetta quota del 10% è destinata prioritariamente all’estinzione anticipata dei mutui e per la restante quota secondo quanto stabilito dal comma 443 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228.”
Si riporta quanto già inserito ad incremento dell’art. 56 bis c. 11 DL. 69/13. Nuovamente si rimarca la destinazione dei proventi da alienazione immobili in quota per l’estinzione dell’indebitamento e in quota per il sostenimento di spese di investimento.
Art. 1 c. 866 L. 205/2017
“Gli enti locali possono avvalersi della possibilità di utilizzo dei proventi derivanti dalle alienazioni patrimoniali, anche derivanti da azioni o piani di razionalizzazione, per finanziare le quote capitali dei mutui o dei prestiti obbligazionari in ammortamento nell’anno o in anticipo rispetto all’originario piano di ammortamento. Tale possibilità è consentita esclusivamente agli enti locali che:
a) dimostrino, con riferimento al bilancio consolidato dell’esercizio precedente, un rapporto tra totale delle immobilizzazioni e debiti da finanziamento superiore a 2;
b) in sede di bilancio di previsione non registrino incrementi di spesa corrente ricorrente, come definita dall’allegato 7 annesso al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118;
c) siano in regola con gli accantonamenti al fondo crediti di dubbia esigibilità.”
La legge di Bilancio 2017 porta in sé un’apertura che prevede, per gli enti che soddisfano i requisiti di cui ai punti a), b) e c), di agevolare il raggiungimento dell’equilibrio di parte corrente nel triennio che comprende gli esercizi dal 2018 al 2020.
A fronte del soddisfacimento delle richieste è infatti possibile destinare gli eventuali proventi, in questo caso derivanti da generiche alienazioni patrimoniali, per finanziare le quote di ammortamento dei mutui o prestiti obbligazionari in ammortamento nell’anno o addirittura in anticipo rispetto all’originario piano di ammortamento.
Riassumendo possiamo così schematizzare l’evoluzione della normativa inerente la destinazione dei proventi derivanti dall’alienazione del patrimonio (resto volutamente vago poiché non sempre si parla solo di fabbricati): a partire dall’inizio si è assistito all’apposizione di un vincolo di destinazione, più o meno ampio, che lasciava comunque spazio di utilizzo delle risorse anche per le spese di investimento, con addirittura delle possibilità di applicazione in spesa corrente a fronte di specifiche situazioni; una libertà parziale ma pur sempre libertà…fino ad oggi per lo meno.
Perché si giunge a questa considerazione?
È opportuno richiamare il Decreto Crescita.
Art. 25 DL. 34/2019
“1. All’articolo 1, comma 423, lettera d) della legge 30 dicembre 2018 n. 145, sono apportate le seguenti modificazioni: dopo la parola «proprietà» sono aggiunte le seguenti: «degli Enti territoriali e»; dopo la parola «Pubbliche amministrazioni», le parole «diverse dagli Enti territoriali» sono soppresse.
2. All’articolo 1, comma 425 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, le parole «e, in assenza del debito, o comunque per la parte eventualmente eccedente, al Fondo per ammortamento dei titoli di Stato» sono sostituite dalle seguenti: «e, limitatamente agli enti non territoriali, in assenza del debito, o comunque per la parte eventualmente eccedente, al Fondo per ammortamento dei titoli di Stato».”
L’articolo 25 interviene sulle disposizioni della legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018) rientrano ora nel piano di dismissione gli “immobili ad uso diverso da quello abitativo di proprietà degli Enti territoriali e di altre Pubbliche Amministrazioni […]”.
Il comma 423, nello specifico, identifica i seguenti immobili:
“a) immobili di proprietà dello Stato, non utilizzati per finalità istituzionali, individuati con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta dell’Agenzia del demanio, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge;
b) immobili di proprietà dello Stato in uso al Ministero della difesa, diverso dall’abitativo, non più necessari alle proprie finalità istituzionali e suscettibili di valorizzazione, individuati con uno o più decreti del Ministro della difesa, sentita l’Agenzia del demanio, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge;
c) immobili di proprietà dello Stato per i quali sia stata presentata richiesta di attribuzione ai sensi dell’articolo 56-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, accolta dall’Agenzia del demanio e per i quali l’ente non abbia adottato la prescritta delibera, salvo che non vi provveda entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge;
d) immobili ad uso diverso da quello abitativo di proprietà degli Enti territoriali e di altre pubbliche amministrazioni, , come definite ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che i suddetti enti possono proporre ai fini dell’inserimento nel piano di cessione.”
Il comma 2 interviene sul comma 425 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2019, che specifica la destinazione degli introiti derivanti dalla cessione degli immobili; per gli enti territoriali le risorse sono destinate alla riduzione del proprio debito.
Quanto riportato all’interno di questo articolo pone quindi dei paletti ben più rigidi.
I proventi derivanti dall’alienazione di immobili fatti inserire nel piano di cessione, diversi da quelli ad uso abitativo, possono quindi essere destinati esclusivamente alla riduzione del proprio debito, senza possibilità di disporre degli stessi per le spese di investimento.
In conclusione, nel caso in cui l’Ente decidesse di far confluire parte del proprio patrimonio all’interno di questi piani, al momento non ancora elaborati, si tenga quindi ben presente il vincolo che caratterizzerà l’utilizzo degli eventuali futuri proventi.