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Finanziario
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1 Dicembre 2021

Piano di riequilibrio finanziario e dissesto

Il piano di riequilibrio finanziario e il dissesto sono due procedure tecniche che sempre più si sentono nominare dagli operatori della Pubblica Amministrazione. Vediamo qual è stato il fattore scatenante di questo dibattito.

Il disavanzo da fondo anticipazione liquidità, il piano di riequilibrio e dissesto

A seguito della Sentenza della Corte Costituzionale n.80/2021 tantissimi Enti si sono trovati ad affrontare il problema del ripiano del disavanzo derivante dal fondo anticipazione di liquidità.
Il disavanzo connesso al fondo anticipazione liquidità consiste nel risultato di amministrazione negativo in seguito alla contabilizzazione dalle anticipazioni di liquidità concesse dallo Stato con il fine di agevolare il pagamento delle vecchie fatture ai fornitori.
In sede di conversione del D.L n. 73/2021 abbiamo assistito a un’estensione del termine previsto per assorbire il disavanzo derivante dal fondo anticipazione liquidità, passando dai 3 esercizi concessi dalla Corte Costituzionale ai 10 autorizzati invece dalla norma emendata.
Ma cosa c’entra il fondo anticipazione di liquidità con il piano di riequilibrio e/o il dissesto?
È presto detto. I 10 anni attualmente riconosciuti per effettuare il rientro del disavanzo sono a mala pena un terzo del periodo precedentemente adottato; fino a un anno fa il fondo anticipazione liquidità poteva essere riassorbito in 30 anni.
Per via di tale problematica, soprattutto gli Enti che si trovano nelle situazioni più gravi di disavanzo e dove i dieci anni consentiti per il suo ripiano non sono sufficienti a predisporre un piano di rientro che sia coerente e veritiero sotto l’aspetto della previsione sia di minori spese e sia di maggiori entrate, si stanno interrogando alacremente sul da farsi nell’ambito delle varie opzioni offerte dalla normativa vigente.
Sulla scorta di ciò, sempre di più si parla di piano di riequilibrio pluriennale, il cosiddetto pre-dissesto, e di dissesto finanziario che seppur vicini nell’accezione terminologica e nei principi contengono all’interno notevoli differenze gestionali che incidono ampiamente sull’autonomia degli Enti.

Origine del piano di riequilibrio

La possibilità di aderire ad un piano di riequilibrio pluriennale è stata introdotta dal legislatore, all’interno del Testo unico degli Enti Locali, con l’introduzione dell’art. 243-bis.
Il piano di riequilibrio è finalizzato ad agevolare il recupero delle situazioni di deficit del bilancio non solo causate dalla nuova contabilizzazione del fondo anticipazione liquidità ma anche da molteplici altre cause; il piano di riequilibrio è il primo giocatore a scendere in campo quando il normale periodo di riassorbimento del disavanzo di amministrazione non è sufficiente.
Nel richiamo della norma infatti leggiamo “I comuni e le province per i quali anche in considerazione delle pronunce delle competenti sezioni regionali della Corte dei conti sui bilanci degli enti, sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, nel caso in cui le misure di cui agli articoli 193 e 194 non siano sufficienti a superare le condizioni di squilibrio rilevate, possono ricorrere, con deliberazione consiliare alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale”
Il piano di riequilibrio, che è un atto amministrativo generale dell’ente locale, è caratterizzato dalla possibilità di prosecuzione dell’attività degli amministratori e dalla facoltà di scegliere quali azioni percorrere per risanare la situazione, cose che, come vedremo, non sono invece presenti nella procedura di dissesto finanziario.

Procedura e caratteristiche del piano di riequilibrio

Il piano di riequilibrio è soggetto ad una doppia procedura di “approvazione” in quanto viene prima adottato e poi approvato.
Con la prima deliberazione del Consiglio si procede ad una dichiarazione implicita di sussistenza di uno “stato” di dissesto ai sensi dell’243-bis TUEL, comma 1, prima parte e comma 2.
La deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale è trasmessa, entro 5 giorni dalla data di esecutività, alla competente sezione regionale della Corte dei conti e al Ministero dell’interno.
La seconda deliberazione, adottata entro i 90 giorni conseguenti alla data di esecutività della delibera di cui sopra, approva materialmente i contenuti del piano di riequilibrio determinando precisi effetti giuridici (art. 243-bis comma 5 TUEL).
Prima di procedere oltre è importante riportare un altro comma molto importante, il comma 4: “Le procedure esecutive intraprese nei confronti dell’ente sono sospese dalla data di deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale fino alla data di approvazione o di diniego di approvazione del piano di riequilibrio pluriennale”.

Caratteristiche del piano di riequilibrio

Sia il piano di riequilibrio che il dissesto presuppongono lo “stato” di insolvenza giuridico-finanziaria dell’ente locale. Sovente la dichiarazione dello stato di dissesto può essere evitata, lasciando quindi autonomia e identità all’ente con importanti benefici per la cittadinanza, attraverso la costruzione di un buono e sostenibile piano di riequilibrio.
La procedura del piano di riequilibrio pluriennale non è concorsuale e prevede l’integrale copertura del debito pregresso carico delle finanze dell’ente locale, senza nessuna separazione del bilancio. Essa conduce ad una piena trasparenza sullo squilibrio mediante (art. 243-bis commi 6, 7, 8 e 9):

  • una revisione straordinaria dei residui,
  • la ricognizione complessiva dei debiti fuori bilancio e delle passività potenziali,
  • una modifica strutturale della propria finanza.

Attraverso il piano di riequilibrio il debito, a seconda della sua consistenza, può essere ripianato in un arco temporale massimo di 20 anni.
I benefici dell’adozione di un piano di riequilibrio, rispetto ad una procedura di dissesto finanziario, sono evidenti in quanto durante la stessa è consentito all’Ente:

  • di procedere sempre all’assunzione di mutui per la copertura di debiti fuori bilancio riferiti a spese d’investimento in deroga ai limiti previsti (art. 204 Tuel),
  • di procedere all’assunzione di mutui in deroga per effettuare investimenti per progetti/interventi che garantiscono risparmi di gestione e funzionali agli obiettivi del Piano,
  • di procedere alla rateizzazione con l’Agenzia delle Entrate dei carichi pendenti,
  • di accedere al Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli Enti Locali, anche come fonte di finanziamento del Piano e non soltanto come anticipazione di liquidità (art. 43, Dl. n. 133/14).

Caratteristiche del dissesto finanziario

A differenza del piano di riequilibrio pluriennale il dissesto finanziario è uno strumento attivabile laddove l’ente locale non sia più in grado di svolgere le proprie funzioni e di erogare servizi indispensabili, ovvero non sia in grado di assolvere a debiti liquidi ed esigibili (art. 244, TUEL).
Il passaggio di cui sopra è molto importante, l’adozione del dissesto deve essere conseguente alla valutazione di inapplicabilità del piano di riequilibrio; non può quindi costituire automaticamente la “prima scelta”.
La deliberazione recante la formale ed esplicita dichiarazione di dissesto finanziario, adottata dal Consiglio, non è revocabile.
Alla deliberazione è allegata una dettagliata relazione dell’organo di revisione economico finanziaria, e si consiglia anche quella del Responsabile dei Servizi Finanziari, che analizza le cause che hanno provocato il dissesto.
La deliberazione dello stato di dissesto è trasmessa, entro 5 giorni, al Ministero dell’interno ed alla Procura regionale presso la Corte dei conti competente per territorio, unitamente alla relazione dell’organo di revisione (art. 246, co. 2).
Con la dichiarazione di dissesto da parte dell’ente locale si procede alla nomina dell’organo straordinario di liquidazione e di un’amministrazione straordinaria, con il fine di procedere all’accertamento della massa attiva e passiva (artt. 252-256).
Viene quindi sostituita la componente politica eletta con un tecnico nominato da soggetti terzi; dichiarato il dissesto, infatti, si ha la netta separazione di compiti e competenze tra la gestione passata e quella corrente. In particolare, viene demandata all’organo straordinario di liquidazione la competenza relativamente ai fatti verificatisi fino al 31 dicembre dell’anno precedente a quella relativa alla predisposizione di un bilancio riequilibrato.

Maggiori implicazioni del dissesto finanziario rispetto al piano di riequilibrio

La dichiarazione di dissesto, rispetto al piano di riequilibrio, comporta per l’ente, sino alla data di approvazione dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, una serie di conseguenze negative anche sulla gestione corrente e sulle scelte effettuabili da parte delle Amministrazioni come:

  • limiti alla contrazione nuovi mutui, (con alcune eccezioni relative ai mutui con oneri a carico dello Stato o delle regioni, nonché mutui per la copertura di spese di investimento strettamente funzionali alla realizzazione di interventi finanziati con risorse provenienti dall’UE o da amministrazioni ed enti nazionali, pubblici o privati) (art. 249);
  • limiti all’impegno delle somme previste nell’ultimo bilancio approvato con riferimento all’esercizio in corso; i pagamenti in conto competenza non possono mensilmente superare un dodicesimo delle rispettive somme impegnabili, con esclusione delle spese non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi (art. 250);
  • l’aumento, nella misura massima consentita dalla legge, delle aliquote e delle tariffe di base delle imposte e tasse locali, diverse dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani; la delibera non è revocabile ed ha efficacia per cinque anni (art. 251).

La dichiarazione di dissesto comporta anche una serie di conseguenze negative dirette sugli amministratori ed i dipendenti dell’ente che possiamo così riassumere:

  • gli amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di danni cagionati con dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati, ove la Corte, valutate le circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto, accerti che questo è diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le quali l’amministratore è stato riconosciuto responsabile;
  • i sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili ai sensi del periodo precedente, inoltre, non sono candidabili, per un periodo di dieci anni, alle cariche di sindaco, di presidente di provincia, di presidente di Giunta regionale, nonché di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo. Non possono altresì ricoprire per un periodo di tempo di dieci anni la carica di assessore comunale, provinciale o regionale né alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici;
  • l’ente è tenuto a ridimensionare l’organico collocando in disponibilità gli eventuali dipendenti in soprannumero rispetto ai rapporti medi dipendenti/popolazione (si veda da ultimo il decreto 18 novembre 2020).

Piano di riequilibrio finanziario o dissesto finanziario

Alla luce di quanto riportato sino a ora emerge come la scelta operativa tra piano di riequilibrio finanziario o dissesto non sia arbitraria.
Il piano di riequilibrio ha innegabilmente molti vantaggi, tra cui la conservazione di una identità dell’ente e una autonomia organizzativa che può avere importanti ricadute sulla cittadinanza.
Il dissesto deve essere visto come la soluzione finale, soluzione a cui ricorrere solo una volta effettuata l’analisi sull’applicabilità tecnica del piano di riequilibrio e averla scientemente valutata non attuabile.
In conclusione, è evidente come l’adozione di una procedura di riequilibrio pluriennale, rispetto alla dichiarazione del dissesto finanziario dell’ente comporti una serie di vantaggi e facilitazioni partendo dal presupposto che le amministrazioni mantengono in pieno le loro capacità e competenze tipiche dei rispettivi organi.

di Andrea Bufarale, Marco Sigaudo e Simone Simeone

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