Quale comportamento contabile seguire quando la partecipata matura una perdita?
Questa domanda trova riscontro all’interno della delibera n. 63/2020 della Corte dei conti Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte.
Un Comune detiene una partecipazione all’interno di una SpA che ha avuto una serie di esercizi chiusi con risultato negativo.
A fronte del puntuale ripiano delle perdite degli esercizi precedenti effettuato dalla Società, azione che ha portato all’erosione della totalità delle riserve disponibili e a creare un conseguente indebolimento del patrimonio netto sociale il risultato economico è nuovamente con segno meno.
Il Comune ha effettuato l’accantonamento obbligatorio ex art. 21 del d.lgs. n. 175/2016, secondo cui “Nel caso in cui società partecipate dalle pubbliche amministrazioni locali comprese nell’elenco di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, presentino un risultato di esercizio negativo, le pubbliche amministrazioni locali partecipanti, che adottano la contabilità finanziaria, accantonano nell’anno successivo in apposito fondo vincolato un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura alla quota di partecipazione”, accantonamento calcolato in relazione alle perdite di bilancio future.
La Corte rileva come quanto previsto dall’art. 21 crei una relazione diretta tra le perdite registrate dagli organismi partecipati e la consequenziale contrazione degli spazi di spesa effettiva disponibili per gli enti proprietari a preventivo con la consequenziale maggiore responsabilizzazione degli enti locali nel perseguimento della sana gestione degli organismi partecipati.
Come precisato dalla giurisprudenza contabile, “il meccanismo dell’accantonamento risponde all’esigenza di consentire una costante verifica delle possibili ricadute delle gestioni esternalizzate sui bilanci degli enti locali e si pone quindi nell’ottica dalla salvaguardia degli equilibri finanziari presenti e futuri degli enti stessi. Le citate disposizioni prevedono anche che le somme accantonate nel fondo vincolato in questione tornino nuovamente nella disponibilità dell’ente partecipante (e possano cioè essere destinate alla copertura di spese effettive) qualora il medesimo ripiani le perdite di esercizio o dismetta la partecipazione, oppure il soggetto partecipato sia posto in liquidazione. Lo stesso effetto si realizza ove le perdite conseguite in esercizi precedenti siano ripianate dagli stessi soggetti partecipati, cioè siano riassorbite attraverso la gestione successiva” (v., Sez. Liguria, deliberazione n. 24/2017/PAR).
L’adempimento dell’obbligo di accantonamento di quote di bilancio, in correlazione a risultati gestionali negativi degli organismi partecipati, non comporta l’insorgenza a carico dell’Ente socio, anche se unico, di un conseguente obbligo al ripiano di dette perdite o all’assunzione diretta dei debiti del soggetto partecipato (come ampiamente chiarito dalla giurisprudenza contabile).
Questo passaggio è molto importante perché fa venire meno la presunzione di rapporto conseguenziale diretto.
L’introduzione della disciplina in esame non ha significato il venir meno del sistema di limiti individuato dalla stessa giurisprudenza con riguardo alla possibilità per gli enti locali di ricorrere a tali operazioni nell’ambito dei rapporti finanziari con le proprie partecipate (per tutte cfr., per esempio, Sezione controllo Lombardia, deliberazione n. 410/2016/PRSE e la numerosa giurisprudenza ivi richiamata; cfr. anche il referto della Sezione delle Autonomie di cui alla deliberazione n. 27/SEZAUT/2016/FRG).
Pur in presenza degli accantonamenti in argomento, pertanto, il “soccorso finanziario” nei confronti degli organismi partecipati si ritiene permanga del tutto precluso allorché si versi nella condizione di reiterate perdite di esercizio, presa in considerazione dall’articolo 6, comma 19, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, con disposizione confermata dall’art. 14, comma 5, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016.
Ne deriva, pertanto, che un ente locale che dovesse assorbire a carico del proprio bilancio i risultati negativi della gestione di un organismo partecipato, pur in presenza degli accantonamenti prudenziali di cui all’art. 21 in oggetto, sarà tenuto a dimostrare lo specifico interesse pubblico perseguito in relazione ai propri scopi istituzionali, evidenziando in particolare le ragioni economico-giuridiche dell’operazione, le quali, devono necessariamente essere fondate sulla possibilità di assicurare una continuità aziendale finanziariamente sostenibile.
Non è così ipotizzabile un obbligo delle amministrazioni partecipanti di ripiano delle perdite, dal momento che le stesse amministrazioni hanno comunque una limitazione nel capitale conferito.
La Corte richiama infine il disposto di cui all’art. 147 quater del D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, che onera l’ente locale a definire, secondo la propria autonomia organizzativa, un sistema di controlli sulle società partecipate dallo stesso ente locale, riserva di verificare l’efficacia e la sufficienza delle azioni e delle misure che verranno adottate dall’Ente, all’esito di un rigoroso monitoraggio della situazione afferente la partecipata, con particolare riguardo alle criticità connesse alla emergente scarsa remuneratività ed al riscontrato precario equilibrio patrimoniale.
Si sottolinea quindi il coinvolgimento obbligatorio da parte dell’ente nel sistema di controllo.