Concessioni per la distribuzione del gas post D.Lgs 164/2000
I Comuni che hanno affidato la gara per il servizio di distribuzione del gas ai sensi del D. Lgs 164/2000 e per i quali, il contratto di servizio della durata di 12 anni, è scaduto o scadrà a breve, sempre più frequentemente si imbattono in gravi criticità da un punto di vista tecnico, economico e giuridico.
Le problematiche che caratterizzano l’argomento possono essere molteplici, procediamo con l’analizzarne due.
La prima è connessa alla scadenza della concessione e alla questione delle condizioni offerte in sede di gara. Se infatti è un dato di fatto che il concessionario è obbligato a gestire il servizio in proroga fino alla nuova aggiudicazione della gara d’ambito, non è scontato che le condizioni offerte dalla società per i 12 anni della concessione siano valide anche nella gestione in proroga. Le società infatti sostengono che l’offerta di gara e il piano economico finanziario erano vincolati ad un lasso di tempo predefinito, pertanto alla scadenza si rifiutano di proseguire alle medesime condizioni. In particolare l’erogazione del canone o lo sconto sul prezzario relativo alle prestazioni all’utenza (ad es. la richiesta di un nuovo allaccio).
La seconda problematica è riferita alle modalità di calcolo del valore di indennizzo a fine concessione.
Il decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 prevedeva infatti quanto segue:
“ Il nuovo gestore, con riferimento agli investimenti realizzati secondo il piano degli investimenti oggetto del precedente affidamento o concessione, è tenuto a subentrare nelle garanzie e nelle obbligazioni relative ai contratti di finanziamento in essere o ad estinguere queste ultime e a corrispondere una somma al distributore uscente in misura pari all’eventuale valore residuo degli ammortamenti di detti investimenti risultanti dai bilanci del gestore uscente e corrispondenti ai piani di ammortamento oggetto del precedente affidamento, al netto degli eventuali contributi pubblici a fondo perduto. “
L’art. 24, comma 1, del D.lgs. n. 93 del 2011 ha modificato radicalmente tale articolo e ha imposto una diversa modalità di determinazione del valore di riscatto:
“… il valore di rimborso al gestore uscente è pari al valore delle immobilizzazioni nette di località del servizio di distribuzione e misura, relativo agli impianti la cui proprietà viene trasferita dal distributore uscente al nuovo gestore, incluse le immobilizzazioni in corso di realizzazione, al netto dei contributi pubblici in conto capitale e dei contributi privati relativi ai cespiti di località, calcolato secondo la metodologia della regolazione tariffaria vigente e sulla base della consistenza degli impianti al momento del trasferimento della proprietà.”
Con tale decreto pertanto il legislatore impone una modalità di calcolo dell’indennizzo determinato dall’Autorità con regole completamente diverse, quindi con dei coefficienti di ammortamento ben definiti e con la totale detrazione dei contributi percepiti.
È evidente come la norma sia di enorme impatto sulla determinazione del valore di indennizzo a fine concessione. In molti casi infatti la stazione appaltante inserisce nel bando di gara il valore di indennizzo determinato dall’Autorità, mentre la Società pretende di ricevere il valore definito dal contratto, in genere di importo maggiore.
In una situazione di questo tipo sono pertanto frequenti i casi in cui le società pretendono che sia il comune a versare l’importo dato dalla differenza tra i due valori.
È quindi di fondamentale importanza che l’ente si attivi, anche prima della scadenza del contratto, per tutelare i propri interessi in situazioni di questo tipo.
Fonte: il nostro partner Studio Cavaggioni srl, 26 novembre 2019.