Con la sentenza n. 1811/2020, la Corte di Cassazione si è espressa in merito alla possibilità di svolgere un incarico retribuito da parte del dipendente pubblico senza la previa autorizzazione dell’amministrazione per cui opera. In caso contrario il soggetto che conferisce l’incarico commette un illecito che non può essere sanato in alcun modo, neanche attraverso il rilascio di un’autorizzazione a posteriori (con la formula “ora per allora”) da parte dell’ente pubblico datore di lavoro.
Secondo i giudici di legittimità la normativa relativa agli incarichi extraistituzionali dei dipendenti pubblici deve essere letta nel suo complesso. L’articolo 53 comma 7 del Testo unico sul pubblico impiego prevede che «i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione verifica l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell’autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti».
Fonte: Andrea Alberto Moramarco, Incarichi esterni, l’autorizzazione deve essere sempre preventiva, Il Sole 24 Ore – Quotidiano Enti Locali & PA, 19 giugno 2020.