Anche la contrattazione dei dirigenti dell’area delle Funzioni locali prova, come avvenuto per il personale del comparto con il CCNL 21 maggio 2018, a porre le basi per promuovere forme e schemi di «welfare aziendale».
Sulla spinta delle previsioni contenute nella direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri 1° giugno 2017, n. 3, recante “Indirizzi per l’attuazione dei co. 1 e 2, dell’art. 14, della legge 7 agosto 2015, n. 124 e linee guida contenenti regole inerenti all’organizzazione del lavoro finalizzate a promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti”, anche la contrattazione dei dirigenti dell’area delle Funzioni locali, all’art. 32, rubricato «Welfare integrativo», prova a porre le basi per promuovere forme e schemi di «welfare aziendale». L’ipotesi di contratto della dirigenza, però, a differenza di quanto previsto per il personale del comparto (art. 72 del CCNL 21 maggio 2018), non ha fornito alcun elenco delle attività che possono rientrare nel concetto di welfare integrativo, ma ha rinviato alla contrattazione integrativa (art. 45, co. 1, lett. d) ) l’individuazione delle tipologie di benefici e le complessive risorse ad essi destinate.
La disposizione, per come formulata, sembrerebbe escludere dalla sua applicazione i segretari comunali e provinciali.
Nonostante per il personale del comparto il CCNL 21 maggio 2018 abbia rappresentato sicuramente un presupposto fondamentale per far partire le iniziative di welfare contrattuale anche negli enti locali, il vero problema resta, come sempre, quello delle risorse da destinare all’istituto. L’inciso utilizzato dall’art. 72, co. 2 del CCNL 21 maggio 2018 («nei limiti delle disponibilità già stanziate dagli enti»), infatti, ha reso di fatto, per la gran parte dei Comuni, impossibile attuare qualsiasi politica di welfare integrativo. E la ragione è che, mentre per gli altri comparti di contrattazione (Enti pubblici non economici e Ricerca) già da tempo esistevano specifiche disposizioni contrattuali che disciplinavano l’istituto e che consentivano di destinare specifiche risorse di bilancio per la concessione dei benefici di natura assistenziale e sociale a favore dei propri dipendenti, per gli enti locali tale regolamentazione è mancata. Ad oggi vanno in questo senso solo le timide iniziative di alcuni enti di destinare, come previsto l’art. 56-quater del CCNL 21 maggio 2018, una quota parte dei proventi delle violazioni del Codice della strada alle misure di welfare integrativo.
L’ipotesi di contratto della dirigenza sta cercando in qualche modo di superare questa problematica e, al co. 2 dell’art. 32 dell’ipotesi, prevede che gli oneri per la concessione dei benefici siano sostenuti utilizzando le disponibilità già previste, per la medesima finalità, da precedenti norme e, per la parte non coperta da tali risorse, mediante l’utilizzo di quota parte, non superiore al 2,5%, del Fondo per la retribuzione di posizione e di risultato. E, come per il personale del comparto, un’ulteriore fonte di finanziamento per il welfare integrativo è rinvenibile nei proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie riscosse dagli enti ai sensi dell’art. 208 del Codice della strada.
Redazione Paweb – Samantha Cerritelli, 24/07/2020.