Con la sentenza n. 5780/2020, il Tar del Lazio ha rigettato il ricorso di un’offerente per una procedura di appalto che è stata assegnata ad un’altra candidata. La ricorrente aveva impugnato l’aggiudicazione dato che l’offerta della controinteressata non conteneva i costi di manodopera, che sono stati specificati solo successivamente in seguito alla richiesta della stazione appaltante, deducendo così la violazione e la falsa applicazione degli articoli 95, comma 10, e 83, comma 9, del Codice degli appalti.
I giudici hanno utilizzato come canone interpretativo la sentenza n. 309/2019 della Corte di giustizia dell’Unione Europea che, pur affermando l’esclusione automatica del concorrente per mancato scorporo dei costi di manodopera e di sicurezza, ha fatto salvo nel caso in cui «le disposizioni della gara di appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche», perché i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretanti senza ostacolare la possibilità di consentire la regolarizzazione dell’offerta.
Nel caso specifico i concorrenti sono stati costretti ad utilizzare un modulo con format determinato e prefissato dal Mercato Elettronico Pubblica Amministrazione che non presenta lo spazio fisico per indicare separatamente gli oneri della manodopera. Questa confusione e situazione di disorientamento ha ingenerato l’errore negli offerenti e ha legittimato il ricorso al soccorso istruttorio.
Fonte: Susy Simonetti e Stefania Sorrentino, Sanabile il mancato scorporo dei costi di manodopera se il modulo Mepa non ha lo spazio, Il Sole 24 Ore – Quotidiano Enti Locali & PA, 24 giugno 2020.