La deliberazione n. 35 del 2018 della Sezione di Controllo per il Trentino Alto Adige/Sudtirol ha espresso la considerazione per cui il riconoscimento di un debito fuori bilancio ha come elemento base l’esistenza di un contratto in forma scritta.
La dottrina e la giurisprudenza definiscono i debiti fuori bilancio come “obbligazioni pecuniarie riferibili all’ente, assunte in violazione delle norme di contabilità pubblica, nonché della disciplina di assunzione della spesa”.
Si tratta, quindi, di obbligazioni in senso tecnico, che si manifestano in corrispondenza della violazione di regole di contabilità pubblica. In altre parole, il debito fuori bilancio sorge per il fatto che lo stesso si è perfezionato giuridicamente, ma non contabilmente.
Ed è su questa base che si sviluppa il ragionamento della Corte.
Dato per assunto che il riconoscimento del debito resta un atto discrezionale nella delibera si richiamano i requisiti generali individuati dalla circolare della Direzione Centrale della Finanza Locale n. FL 21/93 del 20 settembre 1993:
- il primo è la certezza, cioè che esista effettivamente un’obbligazione di dare, non presunta ma inevitabile per l’ente;
- il secondo è la liquidità, nel senso che deve essere individuato il soggetto creditore, l’ammontare del debito, o comunque l’importo sia determinato o determinabile mediante una semplice operazione di calcolo aritmetico;
- da ultimo deve ricorrere anche l’esigibilità, ovvero il pagamento non deve essere sottoposto a termine o a condizione.
Compiendo poi una virata su un’altra norma vediamo come l’art. 32, c. 14, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 “Codice dei contratti pubblici”, sancisce espressamente che “il contratto è stipulato, a pena di nullità, con atto pubblico notarile informatico, ovvero, in modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante, in forma pubblica amministrativa a cura dell’ufficiale rogante della stazione appaltante o mediante scrittura privata; in caso di procedure negoziata ovvero per gli affidamenti di importo non superiore a 40.000 euro mediante corrispondenza secondo l’uso del commercio consistente in un apposito scambio di lettere, anche tramite posta elettronica certificata o strumenti analoghi negli altri Stati membri”.
Chiarito che i contratti dei comuni richiedono la forma scritta, la mancanza di questo elemento determina la deficienza strutturale dell’atto, ossia la mancanza e l’impossibilità originaria di un elemento costitutivo. La nullità del contratto per difetto di forma comporta la definitiva inidoneità dello stesso a produrre gli effetti suoi propri nei confronti dell’amministrazione pubblica.
In conclusione, la Corte dei Conti, richiama una sentenza della Cassazione.
La Suprema Corte (Sent. Cass. Civ. I, 14 febbraio 2017, n. 3844) afferma infatti che “il riconoscimento di un debito fuori bilancio … costituisce un procedimento discrezionale che consente all’ente locale di far salvi nel proprio interesse – accertati e dimostrati l’utilità e l’arricchimento che ne derivano, per l’ente stesso, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza – gli impegni di spesa di copertura contabile, ma non introduce una sanatoria per i contratti nulli o, comunque invalidi – come quelli conclusi senza il rispetto della forma scritta «ad substantiam»”.