Uno degli argomenti maggiormente trattati all’interno della Pubblica Amministrazione, soprattutto qualora si rilevi un debito fuori bilancio, è quello dell’individuazione della responsabilità.
Iniziamo con il rilevare come la stessa non sia sempre ed esclusivamente a carico dell’Ente, in determinate circostanze potrà infatti ricadere sul soggetto che ha autorizzato la prestazione d’opera/fornitura bene o servizio senza seguire la prassi amministrativa corretta.
Il principio di sussidiarietà resta valido e vigente tutt’oggi per cui, nel caso in cui l’Ente abbia beneficiato di un “arricchimento” potrà essere oggetto di rivalsa da parte del creditore.
Qualora venga posta in essere l’azione di rivalsa nel richiamo dell’art. 2041 del Codice Civile il creditore ha l’onere di fornire solamente la prova del fatto oggettivo dell’arricchimento, e non anche quello del riconoscimento dell’utilità da parte dell’ente pubblico. Conseguentemente l’ente potrà solo contestare e provare che l’arricchimento non fu né voluto né consapevole, facendo emergere quindi la presunzione dell’arricchimento imposto.
Il principio di sussidiarietà è quindi elemento cardine da prendere in considerazione e analizzare al fine dell’interpretazione delle differenti casistiche.
Nel parlare di debito fuori bilancio è opportuno richiamare la norma che ne identifica le caratteristiche principali, nello specifico l’art. 194 del T.U.E.L.:
“…gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da:
a) sentenze esecutive;
b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio di cui all’articolo 114 ed il disavanzo derivi da fatti di gestione;
c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, di società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici locali;
d) procedure espropriative o di occupazione d’urgenza per opere di pubblica utilità;
e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.”
Si conclude rilevando come sia il Consiglio a dover riconoscere i debiti e gli stessi, nel rispetto dell’art. 23 c. 5 L.289/02, debbano essere trasmessi agli organi di controllo e alla competente procura della Corte dei Conti.
Al seguente link il video realizzato dal dott. Sigaudo: per guardarlo.