Il Tribunale amministrativo della Lombardia si è pronunciato in seguito a un ricorso presentato da Bluenergy Group S.p.a. contro il Comune di Vigevano.
Procederemo con l’analizzare la sentenza, andiamo però ad anticiparne la conclusione in modo da centrare l’attenzione: un ente locale non può acquistare partecipazioni in una società commerciale che vende energia e gas, soprattutto in assenza di una congrua motivazione.
La ricostruzione storica della vicenda aiuta senza dubbio a comprendere quale sia stata l’evoluzione della contesa.
Il 26.05.2016 il Comune di Vigevano ha approvato un “atto di indirizzo relativo al piano di razionalizzazione delle società partecipate”, e il 28.09.2017, la ricognizione delle partecipazioni possedute.
Successivamente, il 18.06.2018, Bluenergy ha comunicato a Libera Energia S.p.a. una proposta irrevocabile di acquisto delle partecipazioni dalla stessa detenute in A.S.M. Energia, che è stata accettata.
Con nota del 2.7.2018, Libera Energia S.p.a. ha conseguentemente comunicato al Comune di Vigevano l’intenzione di cedere la propria partecipazione alla società ricorrente.
Il 30.7.2018 il Comune ha tuttavia disposto l’acquisto “da parte di A.S.M. Vigevano e Lomellina S.p.a., attraverso l’esercizio del diritto di prelazione statutariamente previsto, della quota di partecipazione della società A.S.M. Energia S.p.a., detenuta dalla società Libera Energia S.p.a.”.
A questo punto la Società ha impugnato gli atti.
Avviato l’iter procedurale si rileva come sia decaduta la richiesta di inammissibilità e di improcedibilità del ricorso.
Da qui assistiamo poi al richiamo di principi generali assoluti quali art. 4 c. 1 D.Lgs. 175 del 9 agosto 2016 “le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi, non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società”. “Nei limiti” di cui alla già menzionata disposizione, il successivo comma 2, consente ad un Ente Locale di detenere partecipazioni, tra l’altro, in una società attiva nella “produzione di un servizio di interesse generale”.
A sua volta, l’art. 2 c. 1 lett. h), fornisce la definizione di “servizi di interesse generale”, ossia, “le attività di produzione e fornitura di beni o servizi che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento pubblico, o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, che le amministrazioni pubbliche, nell’ambito delle rispettive competenze, assumono come necessarie per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività di
riferimento, così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale, ivi inclusi i servizi di interesse economico generale”.
Nel richiamo di quanto sopra le Amministrazioni Pubbliche devono comprovare la sussistenza dei presupposti per la sua applicazione, come in particolare indicati nell’art. 2 c. 1 lett. h) cit., mediante una congrua motivazione, che nel caso di specie il Comune non ha invece adottato.
La Sentenza n. 1935 del 2 settembre 2019 del Tar Lombardia mira quindi ad affermare come un Ente Locale non possa acquisire, senza una congrua motivazione, partecipazioni in una Società commerciale che vende energia e gas. Questa interpretazione deriva anche dall’intento di evitare che soggetti dotati di privilegi operino in mercati concorrenziali, anche in violazione dei Principi del diritto comunitario.
Qualora si volesse riconoscere natura di servizio di interesse generale alla vendita del gas, questa dovrebbe essere effettuata a condizioni “che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento pubblico o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza”.