Tra le verifiche da fare in sede della salvaguardia degli equilibri, ex art. 193 del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, assume particolare importanza quella relativa agli equilibri della gestione di cassa.
La situazione deficitaria di cassa è il primo campanello di allarme di ogni gestione, che prima o poi trascinerà anche la competenza.
Anche la Corte dei Conti ha posto particolare riguardo a questa tematica, a decorrere dal rendiconto 2012, dopo l’approvazione della Legge 24 dicembre 2012, n. 243 relativa alle “Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione”, dedicando a questa tematica una parte delle relazioni sul rendiconto, che gli organi di revisione economico-finanziaria degli enti locali sono chiamati a redigere con la compilazione dei questionari. Tra le tabelle da compilare compare dal 2012 anche quella di rendicontazione degli equilibri dei flussi di cassa.
Sebbene l’obbligo normativo del pareggio di cassa sia stato successivamente superato, e sostituito con la garanzia di un fondo di cassa finale non negativo, con la riforma contabile è stata posta grande attenzione sulla capacità dell’ente di poter far fronte alle reali esigenze di cassa. Nel bilancio le entrate di competenza vanno previste per l’intero importo che l’ente ha diritto di incassare, riducendo però la previsione di cassa alla loro effettiva realizzazione, e occorre prevedere un Fondo crediti di dubbia esigibilità congruo, in spesa, con lo scopo precipuo di controbilanciare le entrate di competenza e di bloccare la spesa.
Come incide tutto questo sulle previsioni di cassa è presto detto: non è possibile esporre nel bilancio di previsione, tra le previsioni di cassa, in entrata, un importo di incassi che non sia decurtato delle quote accantonate, nel bilancio di previsione e nel risultato di amministrazione dell’anno precedente, a fondo crediti di dubbia esigibilità, così come, per converso, esporre, tra le previsioni di spesa, un importo che non decurti quanto previsto a Fondo pluriennale vincolato, in quanto considerato non esigibile nell’anno.
In aggiunta a ciò, il nuovo principio contabile della contabilità finanziaria ha obbligato gli enti ad una puntuale ricostruzione del fondo di cassa al 31 dicembre 2014, suddiviso tra fondi vincolati e fondi liberi, e ad una corretta gestione e contabilizzazione degli utilizzi delle entrate vincolate per esigenze correnti. L’utilizzo dei fondi vincolati di cassa, autorizzato con deliberazione di Giunta comunale ad inizio anno, è equiparato a tutti gli effetti ad un’anticipazione di tesoreria e quindi impedisce la possibilità di applicazione al bilancio della quota libera.
Anche la Sezione Autonomie della Corte dei Conti ha recentemente (deliberazione n. 9/2020) introdotto un indicatore che consente di valutare il rischio di tensioni di cassa: si tratta del rapporto tra il valore dei residui attivi, al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità, e dei residui passivi, e rappresenta l’incidenza dei debiti che sono coperti da entrate ritenute liquide in un orizzonte di breve termine. Un valore superiore al 140% è considerato di maggior rischio per la tenuta degli equilibri.
Sarebbe opportuno inserire nella relazione della verifica degli equilibri l’analisi del trend storico di cassa dell’ultimo triennio a dimostrazione della solidità della gestione e, qualora così non fosse, valutare quali azioni concrete mettere in campo per incrementare il grado di riscossione delle entrate.