Con il parere n. 6495493 del 31 maggio 2017 il Garante ritiene che l’accesso civico generalizzato non sia ammesso se va a ledere le tutele sui dati personali di un dipendente.
Questo intervento si inserisce nell’ambito della procedura disciplinata dal decreto legislativo 33/2013, secondo cui chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni. Tale diritto non è sottoposto ad alcuna legittimazione soggettiva del richiedente e non richiede motivazione.
L’accesso civico generalizzato può tuttavia essere rifiutato quando è necessario evitare un pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali. E nel caso in cui l’accesso generalizzato sia stato negato proprio per questi motivi e il richiedente abbia presentato richiesta di riesame, il responsabile della prevenzione della corruzione è tenuto a provvedere dopo aver sentito il Garante.
Infine è da sottolineare che la valutazione della sussistenza dei limiti previsti dalla normativa spetta all’ente e va condotta anche in caso di silenzio del controinteressato, infatti le motivazioni addotte dal soggetto controinteressato costituiscono solo un indice della sussistenza del pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali.