Alla luce di una recente Deliberazione della Corte dei conti del Veneto, 22/13, si ritiene utile riportarne uno stralcio utile a comprendere il ragionamento che vi è dietro la valutazione di non applicabilità di incentivi per l’azione di accertamento IMU svolta dal personale comunale.
“In termini generali, la Sezione sottolinea che la questione va risolta alla luce delle disposizioni che disciplinano la materia della retribuzione ai dipendenti, ove vige come regola generale il principio di onnicomprensività: esso trova espresso fondamento negli artt. 2, comma 3 e 24, comma 3 del D.lgs. 165/2001 per «tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto, nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione», mentre per il personale non dirigente, esso trova la sua enunciazione nella norma contenuta nell’ art. 45 del D.lgs. 165/2001.
In virtù di tale principio, nulla è dovuto, oltre al trattamento economico fondamentale ed accessorio stabilito dai contratti collettivi, al dipendente che ha svolto una prestazione che rientra nei suoi doveri d’ufficio (cfr. Corte dei Conti Puglia, sezione giurisdizionale, sentenze nn. 464, 475 e 487 del 2010).
Il principio si coniuga con quello ,previsto parimenti dalle norme citate, della riserva alla contrattazione collettiva in tema di determinazione del corrispettivo delle prestazione dei dipendenti: ne consegue ,da un lato, che solo il contratto collettivo nazionale, può fissare onnicomprensivamente il trattamento economico, mentre quello decentrato assume rilevanza nei limiti di quanto disposto dalle fonti nazionali.
In ambo i casi, solo la legge può derogare a tale sistema ,prevedendo talora ulteriori specifici compensi (delibera 337/2011/PAR del 25/07/2011) o addirittura la possibilità di una diversa strutturazione del trattamento economico (cfr., ad esempio, gli artt. 24 e 45 del D.lgs. n. 165 del 2001), sia sul piano qualitativo che su quello quantitativo: con la conseguenza che il contratto individuale o una determinazione unilaterale dell’ente (ad esempio un regolamento) non possono determinare il corrispettivo e, dall’altro, che tale corrispettivo retribuisce ogni attività che ricade nei doveri d’ufficio (principio di onnicomprensività).
Premesso quindi che la materia è demandata alle leggi e ai contratti collettivi nazionali, non derogabile a livello regolamentare locale, la Sezione osserva che, in assenza di una specifica disposizione di legge, il Comune non è autorizzato a prevedere compensi incentivanti per gli accertamenti IMU in favore del personale dipendente. Occorre infatti evidenziare che l’art. 59 del d.lgs. n. 446/1997 consentiva ai comuni di prevedere nei regolamenti ICI, specifici compensi relativamente all’attività di recupero dell’imposta.
Tale facoltà era poi stata inserita nel d.l. 201/2011, dove, anticipando l’IMU in via sperimentale, all’articolo 13, comma 13, venivano richiamate le disposizioni dell’art. 14, comma 6, del d.lgs. 23/2011, inerenti la potestà di accertamento dell’IMU, confermando, nel contempo, la potestà regolamentare dei Comuni di cui agli artt. 52 e 59 del d.lgs. 446/1997.
Con la legge n. 44/2012, di conversione del decreto legge n. 16/2012, è stata eliminata l’estensione di tale disciplina ( e il riferimento legislativo) contenuta originariamente nel citato D.lgs. n. 23/2011, stralciando il richiamo all’art. 59 citato: in guisa tale che siffatta previsione derogatoria – afferente quindi i soli compensi ICI – deve essere considerata, alla luce delle premesse sin qui esposte, di stretta interpretazione, come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, che ha escluso l’ utilizzo dello strumento regolamentare per erogare compensi incentivanti per le entrate locali diverse dall’Ici (Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 577/2011/PAR del 10 novembre 2011), o, per l’attività di recupero dei tributi erariali (Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per la Sardegna, deliberazione n. 127/2011/PAR del 21 dicembre 2011).
Né, tantomeno, per i medesimi motivi, è possibile invocare la norma dell’art. 52 del D.lgs. n. 446/97 e della ivi contemplata potestà regolamentare generale per introdurre nel regolamento IMU una disposizione sugli incentivi al personale”.
In virtù di tale principio, nulla è dovuto, oltre al trattamento economico fondamentale ed accessorio stabilito dai contratti collettivi, al dipendente che ha svolto una prestazione che rientra nei suoi doveri d’ufficio (cfr. Corte dei Conti Puglia, sezione giurisdizionale, sentenze nn. 464, 475 e 487 del 2010).
Il principio si coniuga con quello ,previsto parimenti dalle norme citate, della riserva alla contrattazione collettiva in tema di determinazione del corrispettivo delle prestazione dei dipendenti: ne consegue ,da un lato, che solo il contratto collettivo nazionale, può fissare onnicomprensivamente il trattamento economico, mentre quello decentrato assume rilevanza nei limiti di quanto disposto dalle fonti nazionali.
In ambo i casi, solo la legge può derogare a tale sistema ,prevedendo talora ulteriori specifici compensi (delibera 337/2011/PAR del 25/07/2011) o addirittura la possibilità di una diversa strutturazione del trattamento economico (cfr., ad esempio, gli artt. 24 e 45 del D.lgs. n. 165 del 2001), sia sul piano qualitativo che su quello quantitativo: con la conseguenza che il contratto individuale o una determinazione unilaterale dell’ente (ad esempio un regolamento) non possono determinare il corrispettivo e, dall’altro, che tale corrispettivo retribuisce ogni attività che ricade nei doveri d’ufficio (principio di onnicomprensività).
Premesso quindi che la materia è demandata alle leggi e ai contratti collettivi nazionali, non derogabile a livello regolamentare locale, la Sezione osserva che, in assenza di una specifica disposizione di legge, il Comune non è autorizzato a prevedere compensi incentivanti per gli accertamenti IMU in favore del personale dipendente. Occorre infatti evidenziare che l’art. 59 del d.lgs. n. 446/1997 consentiva ai comuni di prevedere nei regolamenti ICI, specifici compensi relativamente all’attività di recupero dell’imposta.
Tale facoltà era poi stata inserita nel d.l. 201/2011, dove, anticipando l’IMU in via sperimentale, all’articolo 13, comma 13, venivano richiamate le disposizioni dell’art. 14, comma 6, del d.lgs. 23/2011, inerenti la potestà di accertamento dell’IMU, confermando, nel contempo, la potestà regolamentare dei Comuni di cui agli artt. 52 e 59 del d.lgs. 446/1997.
Con la legge n. 44/2012, di conversione del decreto legge n. 16/2012, è stata eliminata l’estensione di tale disciplina ( e il riferimento legislativo) contenuta originariamente nel citato D.lgs. n. 23/2011, stralciando il richiamo all’art. 59 citato: in guisa tale che siffatta previsione derogatoria – afferente quindi i soli compensi ICI – deve essere considerata, alla luce delle premesse sin qui esposte, di stretta interpretazione, come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, che ha escluso l’ utilizzo dello strumento regolamentare per erogare compensi incentivanti per le entrate locali diverse dall’Ici (Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 577/2011/PAR del 10 novembre 2011), o, per l’attività di recupero dei tributi erariali (Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per la Sardegna, deliberazione n. 127/2011/PAR del 21 dicembre 2011).
Né, tantomeno, per i medesimi motivi, è possibile invocare la norma dell’art. 52 del D.lgs. n. 446/97 e della ivi contemplata potestà regolamentare generale per introdurre nel regolamento IMU una disposizione sugli incentivi al personale”.
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