Il Garante della Privacy ha stabilito che il datore di lavoro non è autorizzato ad effettuare alcun controllo sulle conversazioni di lavoro intrattenute dai dipendenti tramite il software Skype, né tantomeno a fare uso delle informazioni personali contenuti nelle conversazioni ottenute in modo illecito (Provvedimento del Garante della Privacy, n. 345/2015).
Il caso oggetto del provvedimento vedeva contrapposti una dipendente e il suo datore di lavoro: quest’ultimo aveva acquisito in modo illecito lo scambio di messaggi verificatosi su Skype tra la dipendente e alcuni partnership stranieri, utilizzando tali conversazioni come base per il licenziamento della dipendente. L’interessata, tuttavia, non aveva mai autorizzato la procedura, essendo anche all’oscuro dei “mezzi e procedure utilizzati dal datore di lavoro per il controllo del pc aziendale”.
Il Garante ha accolto il ricorso presentato dalla dipendente, evidenziando come l’attività di raccolta dati e di controllo messa in atto dal datore di lavoro sia in aperto contrasto con le “Linee guida del Garante per posta elettronica e internet”, con la policy aziendale adottata a riguardo dal titolare del trattamento e approvata negli stessi termini dalla Direzione Territoriale del Lavoro di Verona e con le disposizioni generali poste dall’ordinamento a tutela della segretezza delle comunicazioni.