Società partecipate e la procedura di affidamento diretto
Le società partecipate dagli enti locali sono società in cui la Pubblica Amministrazione si inserisce nella gestione delle stesse attraverso la detenzione di una loro quota di proprietà. In questo articolo analizzeremo le principali definizioni che regolano le società partecipate dagli enti locali e come queste si inseriscano nel contesto operativo pubblico.
Cos’è una società a partecipazione pubblica
Riprendendo quanto detto in apertura, con società partecipate dagli enti locali si intendono delle società nella quale la Pubblica Amministrazione si inserisce come soggetto attivo nella sua gestione.
Richiamiamo la definizione di “partecipazione” del D.lgs. n.175 del 2016:
«partecipazione»: la titolarità di rapporti comportanti la qualità di socio in società o la titolarità di strumenti finanziari che attribuiscono diritti amministrativi;
La tipologia di tale partecipazione è stabilita sulla base delle di quante quote sono detenute dall’Ente in relazione al totale. Quando le quote “pubbliche” superano il valore soglia del 50%, si parla di società “controllate”. Questa terminologia deriva dall’applicazione di sistemi di controllo decisionale che la PA attiva sulla società stessa ai fini delle attività economico-finanziarie e strategiche, analogamente a quello che eserciterebbe sui propri servizi. La principale modalità di controllo risulta essere il controllo analogo.
La suddetta partecipazione può avvenire in maniera diretta o indiretta.
Partecipazione diretta e indiretta
Si parla di partecipazione diretta nelle società partecipate dagli enti locali quando l’Ente possiede direttamente le quote della società in questione, mentre si parla di partecipazione indiretta nelle società partecipate dagli enti locali nel caso in cui le quote siano sempre riferite all’Ente pubblico, che però risulta parte del direttivo attraverso il tramite di un’altra società. Ne consegue che in questo caso si rileva una partecipazione stratificata in due livelli: il primo, in cui l’Ente ha partecipazione diretta; il secondo, in cui l’Ente interviene tramite l’inserimento della prima partecipata.
Quindi a tutti gli effetti si ha un inserimento diretto/indiretto dell’Ente che definisce e disciplina il funzionamento e la direzione delle attività svolte dalla società.
Finalità della partecipazione pubblica
L’Ente pubblico, quindi, ottiene la possibilità di operare nell’ambito privato. Ma perché risulta necessario o conveniente procedere secondo questa modalità di gestione? Si parla di impresa pubblica, quando gli enti svolgono servizi di interesse generale o realizzano beni per la pubblica utilità. Nello specifico si richiama la definizione delle finalità perseguibili mediante l’acquisizione di partecipazioni pubbliche, data dall’articolo 4, comma 2 del D.lgs. n.175 del 2016 (meglio conosciuto come Testo Unico delle Società Partecipate dagli enti locali, abbreviato TUSP):
a) produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi;
b) progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche, ai sensi dell’articolo 193 del decreto legislativo n. 50 del 2016;
c) realizzazione e gestione di un’opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d’interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all’articolo 180 del decreto legislativo n. 50 del 2016, con un imprenditore selezionato con le modalità di cui all’articolo 17, commi 1 e 2;
d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti o allo svolgimento delle loro funzioni, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento;
e) servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 50 del 2016.
Tali servizi possono essere affidati alle società partecipate dagli enti locali attraverso quella che viene definito come affidamento diretto. Vediamone le principali caratteristiche.
La formula “in house providing”
Una delle modalità di gestione avviene attraverso l’affidamento diretto del servizio con la formula del “in house providing”. La definizione di Società in house non è niente meno che la stessa delle società partecipate dagli enti locali; infatti, questa viene normata dal seguente articolo 16 in cui testualmente viene definito che:
Le società in house ricevono affidamenti diretti di contratti pubblici dalle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo o da ciascuna delle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo congiunto solo se non vi sia partecipazione di capitali privati, ad eccezione di quella prescritta da norme di legge e che avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l’esercizio di un’influenza determinante sulla società controllata.
Le società partecipate dagli enti locali (in house), quindi, permettono l’affidamento diretto dei servizi, senza passare per una procedura di gara ad evidenza pubblica per l’affidamento ad un soggetto terzo. Se nel caso della procedura di gara (e più in particolare in riferimento a contratti di Partenariato Pubblico-Privato) si parla di esternalizzazione dei servizi, in quanto la PA cede il servizio a un soggetto pubblico che ne svolge l’attività allocando il rischio su sé stesso, nel caso di affidamento diretto si parla di internalizzazione.
Ne deriva che, sorvolando su tecnicismi normativi, l’Ente può procedere con un affidamento del servizio a “sé stesso”, sfruttando le modalità di gestione in ambito privato. Ciò risulta possibile in quanto l’Ente deve svolgere in ogni momento un’attività di controllo analogo mirato sulle sue società partecipate dagli enti pubblici, così come precedentemente richiamato nel primo paragrafo di questo articolo e sottolineato nuovamente dal comma 1 dell’art. 16 del TUSP.
Il controllo analogo nelle Società Partecipate
Il controllo analogo nelle società partecipate dagli enti pubblici è definito dalle direttive dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (di seguito ANAC).
Queste sono definite in modo sintetico dalle linee guida n. 7/2017, nelle quali ANAC individua, al punto 6.3.2, gli elementi idonei per identificare i principi fondamentali del controllo analogo nelle società partecipate dagli enti pubblici.
Tali elementi consistono nelle seguenti ipotesi:
- Il divieto di cessione delle quote a privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati prescritte dalla legislazione nazionale, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata;
- l’attribuzione all’amministrazione aggiudicatrice o all’ente aggiudicatore del potere di nomina e revoca quanto meno della maggioranza dei componenti degli organi di gestione, di amministrazione e di controllo;
- l’attribuzione all’amministrazione aggiudicatrice o all’ente aggiudicatore dei poteri di direttiva e di indirizzo e del potere di veto sulla definizione dell’organigramma dell’organismo partecipato e sulle sue modifiche o di un parere vincolante in merito all’adeguatezza dell’assetto organizzativo adottato dalla società in funzione del perseguimento dell’oggetto sociale;
- il vincolo per gli amministratori, nella gestione ordinaria e straordinaria, al rispetto delle prescrizioni impartite in sede di controllo analogo e trasfuse in appositi atti formali e vincolanti;
- la disciplina precisa e puntuale dell’esercizio del controllo da parte del socio pubblico.
Conclusioni
La possibilità di procedere con affidamenti diretti di servizi fornisce, quindi, un utile strumento alle pubbliche amministrazioni con il quale è possibile provvedere alla gestione di un’attività, evitando le principali problematiche che scaturiscono dall’attivazione di un iter di esternalizzazione attraverso gara ad evidenza pubblica. In questi casi, le problematiche prevalenti che si rilevano sono riconducibili o alla mancata intesa economico finanziaria (difficoltà nell’identificare un’adatta remunerazione degli investitori) o a restrizioni normative, senza però dimenticare la sempre possibile controversia con contenzioso.
Tuttavia, non bisogna abusare di questo strumento incappando in società partecipate dagli enti pubblici che fanno da contenitore alle più disparate attività, che seppur di interesse pubblico, a volte cozzano con l’indirizzo per la quale la società stessa è stata ideata.