Corte di Cassazione – Ordinanza 16 aprile 2021, n. 10173
L’IVA negli Enti Locali, inquadramento
Il tema di imponibilità IVA delle transazioni poste in essere dagli Enti Locali è sempre oggetto di particolare attenzione.
È importante ricordare come la normativa di riferimento sia molto ampia e si presti a differenti applicazioni, motivo per cui, quando l’Ente Locale riveste il ruolo del soggetto attivo in ambito IVA, è opportuno vagliare tutte le possibilità presenti.
L’inquadramento dell’IVA negli Enti Locali può quindi essere di due tipi, possiamo avere l’IVA “istituzionale”, che potremmo identificare in modo semplicistico come quella che accompagna le operazioni poste in essere dall’Ente in quanto tale, e l’IVA “commerciale”, che caratterizza le operazioni in cui il rilevare il credito e il debito è finalizzato a trattare le registrazioni tipiche delle attività economiche.
IVA negli Enti Locali, gestione immobiliare.
I campi in cui l’IVA può essere oggetto di trattamento “commerciale” per l’Ente Locale sono molteplici, uno tra questi è sicuramente quello immobiliare; a questo proposito analizziamo ora quanto espresso dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza del 16 aprile 2021, n. 10173.
Quanto sancito dalla Corte è di assoluta importanza perché, seppur riferito a un soggetto privato, può essere esteso al trattamento dell’imposta per l’Ente; andare quindi a definire come legittima la detrazione dell’Iva sull’acquisto di un immobile nell’ambito dell’attività d’impresa, anche se in quel momento il bene non produce ancora entrate, apre scenari di assoluto interesse in ambito di recupero del maggior credito e gestione dei rapporti con l’Erario.
Agenzia Entrate verso deducibilità IVA
Con l’Ordinanza del 16 aprile 2021, n. 10173, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso avanzato dall’Agenzia delle Entrate alla Sentenza della Ctr della Lombardia.
L’Agenzia aveva notificato alla Società interessata due avvisi di accertamento, annullati dal ricorso presentato alla Ctp di Bergamo, contestando, in primo luogo, l’indebita detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti per mancanza di operazioni imponibili nelle annualità accertate (2004 e 2005), e in secondo luogo la detrazione dell’Iva assolta sull’acquisto di un immobile non avendo la società svolto alcuna attività. Aveva quindi ipotizzato una impossibilità di recupero del credito a fronte della non attuazione di operazioni attive da parte della Società destinataria degli avvisi.
L’Agenzia delle Entrate ha proseguito per la propria strada presentando appello alla Ctr della Lombardia, anche l’appello è però stato rigettato dalla Ctr della Lombardia che si è espressa dichiarando come “nella fattispecie non era in contestazione l’inerenza degli acquisti all’attività della Società e la natura di soggetto passivo della medesima, sicché il diritto alla detrazione non poteva essere disconosciuto, anche nel caso in cui si trattasse di atti preparatori; sotto tale profilo, era irrilevante la circostanza che la Società non aveva compiuto attività imponibile successivamente all’acquisto”.
Arriviamo quindi alla presentazione di ricorso alla Cassazione da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Al fine di inserire nuovi elementi finalizzati a supportare la sua tesi l’Agenzia ha tentato di sostenere che si sarebbe dovuta applicare quanto previsto dall’art. 19-bis del Dpr. n. 633/1972, andando quindi a prendere in considerazione il principio del pro rata, e dunque, posto che l’importo delle operazioni imponibili realizzate dalla parte nelle annualità accertare era stato pari a zero, la relativa percentuale di detrazione era, allo stesso modo, pari a zero, con conseguente obbligo per la Società di rettificare la detrazione, ai sensi dell’art. 19-bis del medesimo Decreto.
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.
Corte di Cassazione e risvolti favorevoli per l’Ente Locale
Vediamo ora cosa ha dichiarato la Corte di Cassazione adottando per estensione quanto pronunciato verso la gestione dell’IVA dell’Ente Locale.
La Corte ha ricordato che “l’Amministrazione finanziaria non pone in dubbio la sussistenza, in astratto, del diritto alla detrazione dell’IVA conseguente all’acquisto del bene immobile, ma orienta l’attenzione sulla applicabilità, al caso di specie, della previsione di cui all’art. 19-bis, Dpr. n. 633/1972, in particolare sulla circostanza che la Società avrebbe potuto detrarre l’IVA sull’acquisto secondo la percentuale indicata nel suddetto articolo, sicché, secondo parte ricorrente, posto che l’importo delle operazioni imponibili realizzate dalla parte nella annualità accertata era pari a zero, conseguentemente la percentuale di detrazione era, pur essa, pari a zero, con conseguente diniego del diritto alla detrazione”.
Precisando che “il percorso argomentativo seguito dalla ricorrente, secondo cui la percentuale di detrazione dell’IVA sarebbe pari a zero in quanto l’importo delle operazioni imponibili è, allo stesso modo, pari a zero, è errata sul piano della regola matematica, posto che considerare un valore pari a zero quale denominatore, secondo la regola di cui all’art. 19-bis, Dpr. n. 633/1972, costituisce una operazione, di per sé, impossibile”.
Richiamando poi l’articolo su cui si è basato l’appello dell’Agenzia la Corte ha inoltre rilevato come “l’art. 19, comma 5, Dpr. n. 633/1972, nel testo applicabile ratione temporis, stabilisce che ‘ai contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo ad operazioni esenti ai sensi dell’art. 10, il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui all’art. 19-bis’, mentre l’art. 19 bis, ai comma 1 e 2, nel testo vigente all’epoca, prevede che ‘la percentuale di detrazione di cui all’art. 19, comma 5, è determinata in base al rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto a detrazione, effettuate nell’anno, e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell’anno medesimo. La percentuale di detrazione è arrotondata all’unità superiore o inferiore a seconda che la parte decimale superi o meno i cinque decimi’; il presupposto, dunque, dell’applicazione della percentuale di riduzione dell’IVA detraibile, nel contesto di cui alla previsione in esame, è dato dal fatto che il contribuente, nello stesso anno di imposta, abbia realizzato operazioni esenti ed è di queste, infatti, che occorre tenere conto nella determinazione della effettiva percentuale di Iva detraibile”.
Corte di Cassazione, conclusioni
In conclusione la Corte di Cassazione si è espressa affermando come “quel che si rileva dunque è la non corretta equiparazione, compiuta dall’Agenzia delle Entrate, della mancata effettuazione di operazioni attive con l’effettuazione di operazioni esenti, posto che solo in relazione a queste ultime sarebbe potuto discendere la totale indetraibilità dell’Imposta assolta sugli acquisti; né può rilevare la circostanza che il Giudice del gravame ha accertato che, con riferimento al primo rilievo, relativo agli acquisti diversi dall’immobile, gli stessi erano esenti, posto che la medesima Pronuncia ha altresì accertato che avevano natura occasionale; sul punto, questa Corte (Cassazione civile, Sentenza 25 giugno 2020, n. 12689) ha precisato che ‘nel calcolo della percentuale di detrazione di cui al comma precedente non si tiene invece conto delle operazioni di cui al Dpr. cit., art. 19-bis, comma 2, tra le quali vi sono le operazioni ‘accessorie alle operazioni imponibili’, il cui ammontare viene sterilizzato (e non computato) ai fini del calcolo della suddetta percentuale. A questo riguardo si ritiene che costituiscano proventi di un’attività strumentale ed accessoria, tale da non concorrere al calcolo della percentuale di detraibilità IVA pro-rata, quelli derivanti da una attività svolta in modo assolutamente occasionale e, quindi, estranea a quella propria di impresa del contribuente, la cui occasionalità va accertata in concreto e non sulla base delle mere previsioni statuarie (Cassazione, Sezione V, Sentenza 14 marzo 2013, n. 5970), secondo parametri di regolarità causale rispetto al fine produttivo (Cassazione, Sezione V, Sentenza 13 novembre 2013, n. 25475; Cassazione, Sezione V, Sentenza 7 maggio 2008, n. 11085; Cassazione, Sezione V, Sentenza 28 maggio 2001, n. 7214)’; nessuna contestazione è stata compiuta dalla ricorrente in ordine alla natura occasionale delle operazioni, secondo quanto accertato dal Giudice del gravame”.
In merito al fatto che non sono state svolte operazioni attive dalla Società nel periodo in cui è maturato il credito IVA la Corte ha sottolineato di aver più volte precisato che, “se da un lato, in ordine agli acquisti di beni ed in generale alle operazioni passive occorre accertare, ai fini della detraibilità dell’Imposta, che ricorra l’effettiva inerenza all’esercizio dell’impresa, cioè il loro compimento in stretta connessione con le finalità imprenditoriali, d’altro lato, non è richiesto tuttavia ‘il concreto esercizio dell’impresa, potendo la detrazione dell’Imposta spettare anche nel caso di assenza di operazioni attive, con riguardo alle attività meramente preparatorie’ poiché ‘è inerente all’esercizio dell’impresa anche l’acquisto di beni e servizi destinati alla costituzione delle condizioni necessarie perché l’attività tipica possa cominciare, rientrando nel concetto di strumentalità altresì le attività meramente preparatorie’ (Cassazione civile, Sentenza 31 marzo 2011, n. 7344; Cassazione civile, Sentenza 28 gennaio 2015, n. 1578; Cassazione civile, Sentenza 21 settembre 2016, n. 18475; Cassazione civile, Sentenza 3 ottobre 2018, n. 23994)”.
La Corte di Cassazione ha infine rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate motivando che “il Giudice del gravame ha accertato che l’immobile oggetto di acquisto era destinato allo svolgimento dell’attività imprenditoriale e che le operazioni passive da cui sorgeva il credito IVA erano inerenti, con la conseguenza che, in questo contesto, il riferimento all’applicabilità della disciplina del pro rata è del tutto inconferente, difettando il presupposto dell’effettuazione di operazioni esenti nel periodo di imposta accertato”.
IVA Enti Locali, locazione e vendita di beni immobili.
Abbiamo preso in considerazione la recente pronuncia poiché la gestione del patrimonio immobiliare da parte dei Comuni configura alcuni aspetti di notevole interesse.
A fronte di quanto dichiarato in dichiarato in diverse sedi dall’Agenzia delle Entrate, ovvero che per verificare se sussiste il carattere commerciale di un’attività attuata dal Comune occorre riscontrare, caso per caso, se vi è un’organizzazione in forma d’impresa, e che la commercialità dell’attività svolta risulti caratterizzata dai connotati tipici della professionalità, sistematicità ed abitualità ed andando poi ad analizzare i presupposti oggettivo e soggettivo dell’imposta; è opportuno tenere alta l’attenzione sull’argomento specifico.
Chiarito come, in linea di principio, la cessione e la locazione di beni immobili integra pienamente il presupposto oggettivo dell’IVA ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 2, I c., e 3, II c., D.P.R. 633/72 è opportuno prestare particolare attenzione nel momento in cui si opera con un Ente Locale.
Nel caso in cui si stia trattando l’IVA di Enti Locali è opportuno tenere a mente come la locazione di immobili realizza il suo presupposto soggettivo IVA in capo all’Ente se attuata con organizzazione di mezzi e uffici finalizzati allo svolgimento di tale attività economica, qualificando la riscossione dei canoni non più come godimento indiretto del bene ma come esercizio d’impresa.
Per questo motivo la pronuncia della Corte di Cassazione apre importanti scenari in merito alla possibilità di conteggiare l’imposta come credito anche per l’Ente che svolge attività commerciale in questo settore.
di Marco Sigaudo