Il Piano di Riequilibrio Finanziario pluriennale, noto anche come “predissesto”, è una procedura amministrativa adottata dagli enti locali con l’obiettivo di risanare le proprie finanze ed evitare di giungere alla dichiarazione di dissesto finanziario.
Tale strumento è stato introdotto dal legislatore con l’articolo 243-bis del Testo Unico degli Enti locali (TUEL), che offre a comuni e province la possibilità di adottare un Piano di Riequilibrio per ripristinare la sostenibilità economico-finanziaria dell’ente locale, qualora le misure ordinarie previste dagli articoli 193 e 194 dello stesso TUEL non siano sufficienti a superare le condizioni di squilibrio rilevate.
Secondo il dettato normativo dell’articolo 243-bis del TUEL:
“I comuni e le province per i quali anche in considerazione delle pronunce delle competenti sezioni regionali della Corte dei conti sui bilanci degli enti locali, sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, nel caso in cui le misure di cui agli articoli 193 e 194 non siano sufficienti a superare le condizioni di squilibrio rilevate, possono ricorrere, con deliberazione consiliare, alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale”.
L’adozione del Piano di Riequilibrio Finanziario pluriennale è particolarmente rilevante quando il normale periodo di riassorbimento del disavanzo di amministrazione non è sufficiente a riportare l’ente locale in una condizione di equilibrio.
Gli enti locali, infatti, possono trovarsi in difficoltà a causa di fattori come l’accumulo di debiti fuori bilancio, un disavanzo strutturale di amministrazione, la difficoltà nella riscossione delle entrate o l’eccessivo ricorso all’anticipazione di tesoreria.
In questi casi, il piano consente di delineare un percorso graduale di risanamento finanziario.
Un elemento distintivo del Piano di Riequilibrio Finanziario pluriennale è la possibilità per gli amministratori dell’ente locale di mantenere la gestione finanziaria ordinaria, con la facoltà di individuare e attuare le misure di risanamento più adeguate alla situazione.
Questo aspetto rappresenta un vantaggio significativo rispetto alla procedura di dissesto finanziario, che invece comporta l’immediata nomina di un organo straordinario di liquidazione incaricato di gestire il riequilibrio attraverso misure più drastiche, come l’alienazione del patrimonio comunale e l’inasprimento della pressione fiscale.
Per questi motivi, la scelta di ricorrere al Piano di Riequilibrio Finanziario pluriennale rappresenta una decisione strategica cruciale per l’ente locale, che deve valutare attentamente la sostenibilità delle misure correttive proposte.
La sua efficacia dipende dalla capacità dell’amministrazione di rispettare gli impegni assunti e di adottare politiche di bilancio prudenti, al fine di garantire il ritorno alla normalità finanziaria senza compromettere la qualità dei servizi essenziali erogati ai cittadini.
Qual è la durata massima del Piano di Riequilibrio finanziario pluriennale?
La durata del Piano di Riequilibrio Finanziario pluriennale è determinata in base al rapporto tra le passività da ripianare e gli impegni di spesa registrati nel Titolo I del bilancio.
Tale rapporto definisce un orizzonte temporale variabile, che può estendersi da un minimo di 4 anni fino a un massimo di 20 anni.
In particolare, se il rapporto tra passività e impegni di spesa è inferiore al 20%, il piano avrà una durata di 4 anni.
Nel caso in cui tale rapporto sia compreso tra il 20% e il 60%, il periodo di riequilibrio si estende a 10 anni. Se il rapporto si attesta tra il 60% e il 100% e il comune ha una popolazione inferiore a 60.000 abitanti, la durata del piano è di 15 anni. Infine, per i comuni con più di 60.000 abitanti e per tutti gli enti locali con un rapporto superiore al 100%, il piano può estendersi fino a 20 anni.
Questa articolazione temporale è stata introdotta con la legge di bilancio 2018, che ha ridefinito i criteri per la determinazione della durata, superando il limite originario di 10 anni previsto in precedenza.
L’obiettivo di tale revisione normativa è quello di consentire agli enti locali di disporre di un periodo di riequilibrio più ampio in relazione alla gravità della situazione finanziaria, evitando soluzioni drastiche come il dissesto finanziario.
Un aspetto cruciale nella determinazione della durata è la corretta quantificazione della massa passiva iniziale.
Eventuali sottostime potrebbero compromettere la sostenibilità del piano, mentre una stima prudenziale consente di adottare misure adeguate al risanamento.
Inoltre, durante l’attuazione del piano, possono emergere nuove passività non previste in fase iniziale. In questi casi, è possibile aggiornare il piano adeguando la durata e le misure di riequilibrio, garantendo così un percorso realistico verso il risanamento finanziario.
La scelta della durata del piano ha un impatto significativo sulla gestione dell’ente locale, influenzando le politiche di bilancio, la programmazione economica e la capacità di investimento. Per questo motivo, il processo di definizione del piano deve essere accompagnato da un’analisi accurata delle risorse disponibili e delle strategie di contenimento della spesa, in modo da garantire il raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio nel periodo stabilito.
Come si avvia il ricorso Piano di Riequilibrio finanziario pluriennale negli enti locali?
L’attivazione del Piano di Riequilibrio finanziario pluriennale da parte di un ente locale in crisi economica è una procedura complessa che richiede il rispetto di precise fasi procedurali e normative.
Questa scelta rappresenta un’alternativa alla dichiarazione di dissesto finanziario e consente di attuare misure correttive graduali per ripristinare l’equilibrio di bilancio.
Per avviare il ricorso al Piano di Riequilibrio finanziario pluriennale, è necessario che il Consiglio Comunale approvi due deliberazioni distinte.
La prima riguarda la decisione di avviare la procedura, mentre la seconda consiste nella predisposizione del piano vero e proprio.
L’art. 243-bis, comma 1, del Testo Unico degli Enti locali (TUEL) stabilisce i presupposti per l’accesso a questa procedura:
“I comuni e le province per i quali, anche in considerazione delle pronunce delle competenti sezioni regionali della Corte dei Conti sui bilanci degli enti locali, sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, nel caso in cui le misure di cui agli articoli 193 e 194 non siano sufficienti a superare le condizioni di squilibrio rilevate, possono ricorrere, con deliberazione consiliare, alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale prevista dal presente articolo.”
In questa fase preliminare, il Consiglio Comunale analizza la situazione economico-finanziaria dell’ente locale e valuta la possibilità di adottare il Piano di Riequilibrio finanziario pluriennale come soluzione per evitare il dissesto.
Dopo l’approvazione della prima deliberazione, la decisione deve essere immediatamente comunicata agli organi competenti. L’art. 243-bis, comma 2, TUEL, stabilisce che:
“La deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale è trasmessa, entro 5 giorni dalla data di esecutività, alla competente sezione regionale della Corte dei Conti e al Ministero dell’Interno.”
Questa trasmissione è fondamentale per avviare il percorso di risanamento, poiché permette alla Corte dei Conti e al Ministero dell’Interno di monitorare l’iter procedurale e verificare che l’ente locale rispetti i termini stabiliti dalla normativa.
Successivamente, il Consiglio Comunale deve predisporre e approvare il Piano di Riequilibrio finanziario pluriennale, che deve contenere le misure specifiche per il risanamento. Secondo l’art. 243-bis, comma 5, TUEL:
“Il consiglio dell’ente locale, entro il termine perentorio di novanta giorni dalla data di esecutività della delibera di cui al comma 1, delibera un Piano di Riequilibrio finanziario pluriennale di durata compresa tra quattro e venti anni, compreso quello in corso, corredato del parere dell’organo di revisione economico-finanziario.”
Questo significa che, una volta deliberata l’intenzione di accedere alla procedura, l’ente locale ha 90 giorni di tempo per elaborare un piano dettagliato, indicando tutte le azioni necessarie a ristabilire l’equilibrio di bilancio. Il piano deve essere realistico, sostenibile e adeguatamente motivato, oltre ad essere corredato dal parere dell’Organo di Revisione Economico-Finanziario, che certifica la fattibilità delle misure proposte.
L’intero processo richiede quindi una pianificazione accurata, poiché un Piano di Riequilibrio non sufficientemente solido può essere rigettato dagli organi di controllo, esponendo l’ente locale al rischio di dichiarazione di dissesto finanziario. Per questo motivo, è essenziale che l’amministrazione comunale analizzi in profondità le cause dello squilibrio finanziario e individui strategie concrete ed efficaci per il ripristino della stabilità economica dell’ente locale.
Cosa succede dopo che l’ente locale approva il Piano di Riequilibrio finanziario pluriennale?
Una volta che il Piano di Riequilibrio finanziario pluriennale viene approvato dal Consiglio Comunale, l’ente locale ha l’obbligo di trasmetterlo entro dieci giorni alla sezione regionale della Corte dei Conti e al Ministero dell’Interno per avviare il processo di valutazione.
Questa fase è regolata dall’art. 243-quater, comma 1, del Testo Unico degli Enti locali (TUEL), che stabilisce i tempi e le modalità di trasmissione della delibera.
Dopo la presentazione, il Piano di Riequilibrio finanziario pluriennale può essere sottoposto a una fase istruttoria, durante la quale la Corte dei Conti e gli organi competenti possono formulare richieste di integrazione e chiarimenti.
L’Ente ha 30 giorni di tempo per rispondere alle eventuali osservazioni e fornire la documentazione aggiuntiva necessaria. Questa fase istruttoria è disciplinata dall’art. 243-quater, comma 2, TUEL.
L’iter può portare a due esiti: approvazione o diniego del Piano di Riequilibrio finanziario pluriennale.
- In caso di diniego, l’Ente ha la possibilità di presentare ricorso entro 30 giorni dalla notifica del provvedimento alle Sezioni riunite della Corte dei Conti. Questo passaggio consente di ottenere una revisione della decisione e valutare eventuali margini di riformulazione del piano. Tale possibilità è prevista dall’art. 243-quater, comma 5, TUEL.
- In caso di approvazione, il piano entra nella fase di attuazione, durante la quale l’ente locale deve rispettare gli obiettivi e le misure di risanamento stabilite. A partire dall’approvazione, l’Organo di Revisione Economico-Finanziario (OREF) è tenuto a monitorare costantemente lo stato di attuazione del piano. A tal fine, l’OREF deve presentare relazioni semestrali in cui certifica i progressi, segnala eventuali criticità e verifica il raggiungimento degli obiettivi intermedi previsti. L’art. 243-quater, comma 6, TUEL disciplina l’obbligo di monitoraggio semestrale.
Il monitoraggio è una fase cruciale, poiché il mancato rispetto del Piano di Riequilibrio finanziario pluriennale può comportare conseguenze gravi per l’ente locale, tra cui il rischio di dichiarazione di dissesto finanziario.
Per questo motivo, l’Ente deve garantire un’attenta gestione delle risorse e un’adeguata programmazione finanziaria, evitando il ripetersi di situazioni di squilibrio strutturale.
Che cos’è il dissesto finanziario degli enti locali?
Il dissesto finanziario degli enti locali è una condizione critica che si verifica quando un Comune, una Provincia o una Città Metropolitana non è più in grado di far fronte alle proprie obbligazioni, compromettendo la sostenibilità economica dell’ente locale.
Questa situazione di crisi finanziaria negli enti locali si manifesta con l’impossibilità di pagare stipendi, fornitori e altri debiti, mettendo a rischio la continuità amministrativa.
Secondo la normativa vigente, il dissesto finanziario negli enti locali viene dichiarato quando l’ente locale non è più in grado di garantire l’equilibrio di bilancio e di rispettare gli impegni finanziari assunti.
Il riconoscimento di questa condizione porta all’attivazione di procedure straordinarie finalizzate alla risoluzione della crisi economica dell’ente locale.
L’ordinamento italiano disciplina il dissesto finanziario degli enti locali attraverso il Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico degli Enti locali – TUEL). In particolare, l’art. 244 del TUEL stabilisce che: “Si ha stato di dissesto finanziario se l’ente locale non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell’ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalità di cui all’articolo 193, nonché con le modalità di cui all’articolo 194 per le fattispecie ivi previste.”
Quando viene dichiarato il dissesto finanziario di un Ente, si attiva una procedura che prevede l’intervento di un Organo Straordinario di Liquidazione (OSL), incaricato di gestire e risanare la situazione debitoria.
La gestione finanziaria dell’ente locale subisce quindi una rigida riorganizzazione, con misure di risanamento volte a ripristinare l’equilibrio economico e garantire la continuità amministrativa.
Il dissesto finanziario di un ente locale ha effetti significativi sia per l’amministrazione che per i cittadini, poiché comporta limiti alla spesa pubblica, tagli ai servizi e un aumento della pressione fiscale per sanare la crisi economica.
Come si dichiara il dissesto finanziario negli enti locali?
La dichiarazione di dissesto finanziario negli enti locali è un atto formale e irreversibile che segna l’inizio di una procedura straordinaria di risanamento economico. Questa decisione è presa dal Consiglio dell’Ente, che valuta le cause del dissesto e adotta una deliberazione specifica. Secondo quanto stabilito dall’art. 246, comma 1, del Testo Unico degli Enti locali (TUEL):
“La deliberazione recante la formale ed esplicita dichiarazione di dissesto finanziario è adottata dal consiglio dell’ente locale nelle ipotesi di cui all’articolo 244 e valuta le cause che hanno determinato il dissesto. La deliberazione dello stato di dissesto non è revocabile. Alla stessa è allegata una dettagliata relazione dell’organo di revisione economico-finanziaria che analizza le cause che hanno provocato il dissesto.”
Questa deliberazione rappresenta un punto di svolta per l’amministrazione comunale, poiché comporta una netta separazione tra la gestione ordinaria e la gestione straordinaria del debito pregresso.
L’ente locale perde autonomia nella gestione finanziaria e viene sottoposto a una serie di controlli volti a garantire il rispetto delle procedure di risanamento.
Una volta approvata la deliberazione di dissesto finanziario, l’ente locale ha l’obbligo di trasmetterla agli organi competenti per l’avvio della procedura formale. L’art. 246, comma 2, del TUEL, stabilisce le modalità di trasmissione:
“La deliberazione dello stato di dissesto è trasmessa, entro 5 giorni dalla data di esecutività, al Ministero dell’Interno ed alla Procura regionale presso la Corte dei Conti competente per territorio, unitamente alla relazione dell’organo di revisione. La deliberazione è pubblicata per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana a cura del Ministero dell’Interno unitamente al decreto del Presidente della Repubblica di nomina dell’Organo Straordinario di Liquidazione.”
La pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale rappresenta un passaggio essenziale, poiché sancisce ufficialmente lo stato di dissesto dell’ente locale e l’inizio della fase di liquidazione. Con la dichiarazione di dissesto, viene nominato l’Organo Straordinario di Liquidazione (OSL), che avrà il compito di gestire e saldare i debiti pregressi dell’ente locale, adottando misure straordinarie di riequilibrio economico-finanziario.
Affinché la procedura di dissesto finanziario sia pienamente legittima e trasparente, è necessario allegare alla deliberazione una relazione dettagliata dell’Organo di Revisione Economico-Finanziario.
Questo documento deve analizzare in modo approfondito le cause che hanno portato al dissesto e individuare le criticità della gestione finanziaria dell’ente locale. Oltre a questa relazione, si ritiene indispensabile che il Responsabile dei Servizi Finanziari dell’ente locale fornisca un’ulteriore analisi tecnica che approfondisca le motivazioni del dissesto e le eventuali responsabilità amministrative.
Questa fase iniziale è cruciale per l’intero processo di risanamento, in quanto permette di definire con precisione l’entità del disavanzo e di individuare le soluzioni più idonee per il ripristino dell’equilibrio economico dell’ente locale.
Cosa succede dopo la dichiarazione di dissesto finanziario negli enti locali?
Quando un ente locale si trova in una condizione di dissesto finanziario, viene avviata una procedura straordinaria volta al ripristino dell’equilibrio economico e alla liquidazione dei debiti pregressi.
La dichiarazione di dissesto finanziario segna un punto di svolta per l’amministrazione dell’ente locale, comportando la rimozione della gestione politica e l’istituzione di un Organo Straordinario di Liquidazione (OSL).
Quest’ultimo viene nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell’interno ed è responsabile della gestione e liquidazione della massa passiva dell’ente locale. La disciplina normativa di riferimento è contenuta negli artt. 252-256 del Testo Unico degli Enti locali (TUEL).
Uno degli effetti principali della dichiarazione di dissesto è la separazione netta tra la gestione passata e quella corrente. Questo significa che l’amministrazione ordinaria dell’ente locale continua con una gestione finanziaria vincolata, mentre l’OSL si occupa esclusivamente dei debiti accumulati fino al 31 dicembre dell’anno precedente all’ipotesi di bilancio riequilibrato. L’art. 252, comma 4, TUEL, stabilisce che:
“L’organo straordinario di liquidazione ha competenza relativamente a fatti ed atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato e provvede alla:
a) rilevazione della massa passiva;
b) acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento anche mediante alienazione dei beni patrimoniali;
c) liquidazione e pagamento della massa passiva.”
Questa procedura di dissesto implica anche una serie di limitazioni per l’ente locale, che non può contrarre nuovi debiti e deve operare sotto il controllo degli organismi competenti.
Inoltre, per un periodo di cinque anni, l’Ente è soggetto a una serie di restrizioni sulla spesa pubblica e sull’assunzione di personale, con conseguenze dirette sull’erogazione dei servizi ai cittadini.
Piano di Riequilibrio finanziario pluriennale o dissesto finanziario?
Come più volte evidenziato, la scelta tra Piano di Riequilibrio finanziario pluriennale e dissesto finanziario è un passaggio cruciale per gli enti locali in crisi economica.
La soluzione più vantaggiosa, quando possibile, è l’adozione del Piano di Riequilibrio finanziario pluriennale, poiché consente di mantenere l’identità e l’autonomia gestionale dell’ente locale, evitando il commissariamento e i vincoli imposti dal dissesto.
Optare per il Piano di Riequilibrio finanziario pluriennale significa attuare misure correttive graduali, riorganizzando la gestione finanziaria senza compromettere la continuità amministrativa.
Al contrario, la dichiarazione di dissesto finanziario rappresenta una soluzione drastica, con conseguenze rilevanti sia per l’amministrazione che per i cittadini.
Per questo motivo, è fondamentale che gli enti locali in difficoltà valutino attentamente tutte le possibilità di risanamento prima di arrivare alla dichiarazione di dissesto finanziario, cercando soluzioni alternative che consentano di ripristinare l’equilibrio economico con il minor impatto possibile.