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22 Settembre 2015

Finanziario – Debiti fuori bilancio

A seguito del riscontro di varie irregolarità nelle procedure di riconoscimento di legittimità di un debito fuori bilancio, la sezione giurisdizionale per la Toscana della Corte dei Conti ha condannato un assessore delegato, un responsabile tecnico e il segretario generale al risarcimento del danno patrimoniale individuato nei confronti di un Comune (sentenza n. 177/2015).

La vicenda oggetto di indagine da parte della Corte ha avuto come causa scatenante il verificarsi di un fortunale che, abbattutosi sul territorio, ha danneggiato l’area dei cimiteri: in conseguenza di ciò, l’ente ha fatto ricorso, tramite delibera consiliare, all’art. 194, lettera e) del Tuel riconoscendo la legittimità del debito derivante dall’affidamento dei lavori necessari alla messa in sicurezza delle aree gravemente danneggiate. La Corte ha rilevato e accertato “significative incongruenze”, concludendo che il 40% del debito a carico del Comune rappresentava in realtà una spesa inutile e costituiva, pertanto, danno patrimoniale nei confronti dell’Ente.

Dalla sentenza in oggetto emerge che “i lavori sono stati affidati sulla base di presupposti assolutamente non attendibili, sì da violare i principi di imparzialità e di trasparenza dell’azione amministrativa, nonché il criterio del confronto concorrenziale, sancito dalla normativa di settore di cui al DLgs. n. 163/2006”. Le condotte omissive e commissive degli imputati hanno così inficiato i presupposti sostanziali di riconoscibilità del debito, in particolare il riconoscimento dell’utilità della prestazione e dell’arricchimento dell’Ente. In tal modo, quindi, è venuto a mancare l’elemento giustificativo del meccanismo di ratifica ex post disciplinato dal suddetto art. 194, lettera e). Ai sensi dell’art. 191 del Testo unico la parte del debito priva dei requisiti sostanziali permane in capo al soggetto che ha ordinato la fornitura; sulla base di tale indicazione, dunque, i giudici della Corte dei Conti hanno condannato gli imputati al risarcimento della somma giudicata inutile, e dunque illegittima, pari a 54.176 euro.

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