L’Iva sulle vendite di beni usati
Con il presente articolo si intende far chiarezza in relazione al regime fiscale da applicare alle operazioni di cessione di beni usati, operazioni che possono interessare anche gli Enti della Pubblica Amministrazione.
In particolare, focalizzeremo l’attenzione sull’Iva e su come la stessa debba essere calcolata – o non calcolata – in queste particolari situazioni.
Gli argomenti che tratteremo sono i seguenti:
- Articoli di riferimento del DPR 633/72 in materia di cessione beni usati.
- Presupposto oggettivo.
- Presupposto soggettivo
Articoli di riferimento del DPR 633/72 in materia di cessione beni usati
Art. 13 DPR 633/72
Il comma 1 dell’art. 13 del DPR 633/72 recita: “La base imponibile delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi è costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali, compresi gli oneri e le spese inerenti all’esecuzione e i debiti o altri oneri verso terzi accollati al cessionario o al committente, aumentato delle integrazioni direttamente connesse con i corrispettivi dovuti da altri soggetti”.
Il comma 5 dell’art. 13 del DPR 633/72 recita: “Per le cessioni che hanno per oggetto beni per il cui acquisto o importazione la detrazione è stata ridotta ai sensi dell’articolo 19 bis 1 o di altre disposizioni di indetraibilità oggettiva, la base imponibile è determinata moltiplicando per la percentuale detraibile ai sensi di tali disposizioni l’importo determinato ai sensi dei commi precedenti”.
L’analisi combinata delle due disposizioni qui esposte porta ad una prima conclusione: per la definizione del prezzo non vi sono eccezioni rispetto a quanto ordinariamente si realizza per le cessioni di beni (ovvero si stabiliscono le condizioni in accordo tra le parti). Una prima peculiarità, invece, emerge dal comma 5 in relazione al fatto che nelle situazioni di “indetraibilità oggettiva” – ad esempio riscontrabile nel caso in cui l’operazione in esame rientri nella sfera d’azione istituzionale dell’Ente Locale – si deve agire tenendo in considerazione la percentuale di detraibilità a cui si ha diritto (nel caso delle attività istituzionali tali percentuale è pari a zero).
Per approfondire il tema della detraibilità dell’imposta, riportiamo di seguito alcuni tra i principali passaggi presenti all’interno dell’art. 19 del DPR 633/72.
Art. 19 DPR 633/72
Il comma 4 dell’art. 19 del DPR 633/72 recita: “Per i beni ed i servizi in parte utilizzati per operazioni non soggette all’imposta la detrazione non è ammessa per la quota imputabile a tali utilizzazioni e l’ammontare indetraibile è determinato secondo criteri oggettivi, coerenti con la natura dei beni e servizi acquistati. Gli stessi criteri si applicano per determinare la quota di imposta indetraibile relativa ai beni e servizi in parte utilizzati per fini privati o comunque estranei all’esercizio dell’impresa, arte e professione”.
Il comma 5 dell’art. 19 del DPR 633/72 recita: “Ai contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo ad operazioni esenti ai sensi dell’articolo 10, il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui all’articolo 19 bis. Nel corso dell’anno la detrazione è provvisoriamente operata con l’applicazione della percentuale di detrazione dell’anno precedente, salvo conguaglio alla fine dell’anno. I soggetti che iniziano l’attività operano la detrazione in base ad una percentuale di detrazione determinata presuntivamente, salvo conguaglio alla fine dell’anno. La disposizione di cui al presente comma non si applica alle operazioni di cui all’articolo 10, numeri 6) e 7), e alle prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione relative a dette operazioni”.
L’art. 19 ci permette di formulare il ragionamento principale rispetto al tema in analisi: la detraibilità – o indetraibilità – a cui è stato assoggettato l’acquisto di un bene è la medesima che va applicata allo stesso bene in occasione della sua cessione.
Pertanto, il primo dato da verificare nel caso in cui vi sia necessità di dismettere un bene dal proprio patrimonio è legato alla sua detraibilità Iva al momento dell’acquisto. Nel caso in cui il bene in esame risulti essere destinato ad attività istituzionali, la risposta sarà univocamente una: non vi è stata alcuna detrazione rispetto all’Iva e pertanto nessuna imponibilità potrà interessarne la cessione.
Nel caso in cui, invece, il bene oggetto di dismissione rientri nella sfera commerciale, l’Ente locale potrebbe aver agito portando in detrazione l’intero importo corrispondente all’Iva oppure una quota della stessa.
In questo secondo caso, sarà dunque necessario agire assoggettando ad Iva – tendenzialmente al 22 % – la medesima quota che è risultata detraibile in occasione dell’acquisto. La restante parte sarà da trattare come esente Iva ex. comma 5 dell’art. 19 del DPR 633/72.
Art. 10 DPR 633/72
L’esenzione Iva a norma dell’art. 10 del DPR 633/72 ricorre nei casi in cui all’atto di acquisto del bene non sia stata operata alcuna detrazione dell’Imposta sul Valore aggiunto.
Il comma 27-quinquies) del DPR 633/72, infatti, recita: “le cessioni che hanno per oggetto beni acquistati o importati senza il diritto alla detrazione totale della relativa imposta ai sensi degli articoli 19, 19 bis 1 e 19 bis 2”.
Presupposto oggettivo
Il presupposto oggettivo è soddisfatto quando l’oggetto della prestazione è una cessione di beni o una prestazione di servizi.
Soddisfano questo requisito le cessioni a titolo oneroso di qualsiasi natura, sia quelle che prevedono un trasferimento di beni (vendita, permuta – ossia la possibilità di scambiare la propria proprietà con un’altra – ecc.), sia quelle che trasferiscono, con opportune eccezioni, diritti reali di godimento (es., usufrutto – ossia il godimento di un bene di proprietà di altra persona -, locazione, ecc.), sia le prestazioni che derivino da qualsiasi genere di obbligo a fronte di un corrispettivo.
Ai fini della presente analisi, si rende necessario l’approfondimento inerente alla cessione di beni. Ai sensi dell’art. 2 “Costituiscono cessioni di beni gli atti a titolo oneroso che importano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere”.
È opportuno rilevare come anche gli omaggi di beni, l’autoconsumo e le assegnazioni di beni ai soci di società, consorzi e associazioni, soddisfano il requisito oggettivo pur in mancanza dell’onerosità dell’operazione.
Per completezza di informazione, si riportano di seguito tre casistiche che non devono mai essere considerate come cessioni di beni:
- quelle che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro;
- le cessioni di terreni che non hanno capacità edificatoria;
- i trasferimenti di valori bollati e postali, marche assicurative e similari.
Presupposto soggettivo
Il soddisfacimento del presupposto soggettivo prevede che le operazioni che soddisfano il presupposto oggettivo siano compiute da un soggetto nell’esercizio di impresa o di arti e professioni. È assolutamente utile richiamare l’art. 4 del D.P.R. 633/72:
“Per esercizio di imprese si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività commerciali o agricole di cui agli articoli 2135 e 2195 del codice civile, anche se non organizzate in forma di impresa, nonché l’esercizio di attività, organizzate in forma d’impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’articolo 2195 del Codice Civile”.
Essendo espressamente citato “abituale” è lecito ritenere che la soggettività non sia soddisfatta nel caso in cui si operi solo occasionalmente non avendo come fine unico, esclusivo o principale dell’operazione stessa l’esercizio di attività commerciali o agricole.
Essendo questo testo rivolto prioritariamente agli Enti Pubblici è opportuno andare ad evidenziare quali siano per loro le attività che la normativa identifica in ogni caso commerciali:
- cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita, escluse le pubblicazioni delle associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona cedute prevalentemente ai propri associati;
- erogazione di acqua e servizi di fognatura e depurazione, gas, energia elettrica e vapore;
- gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;
- gestione di spacci aziendali, gestione di mense e somministrazione di pasti;
- trasporto e deposito di merci;
- trasporto di persone;
- organizzazione di viaggi e soggiorni turistici; prestazioni alberghiere o di alloggio;
- servizi portuali e aeroportuali;
- pubblicità commerciale;
- telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.
L’art. 5 del D.P.R. 633/72 chiarisce l’identificazione del requisito di abitualità anche per l’esercizio di arti e professioni, seguendo la linea già tracciata dall’art. 4.
(Fonte: “P.A.rliamo dell’IVA”, editore: CEL Editrice, autori: Marco Sigaudo, Rebecca Zollo, Gianfranco Sciacca)